L'OraBlu: eventi e dialoghi per una comunità attiva
Negli ultimi mesi Budrio, con la nuova edizione della rassegna L’OraBlu, è stata teatro di incontri che hanno toccato temi importanti per la nostra società, spaziando dalla politica internazionale alla sostenibilità ambientale, dalla musica alla memoria storica. Grazie all’impegno di Budrio Più, promotore della rassegna, questi eventi hanno rafforzato il senso di comunità e stimolato riflessioni condivise.
Elezioni USA e Letteratura Nordamericana
Il 6 novembre 2024, il focus si è spostato sugli Stati Uniti con un incontro sui risultati delle elezioni presidenziali. Gianluca Passarelli, docente della Sapienza Università di Roma, e Margherita Carlotti, esperta di letteratura nordamericana, hanno offerto una prospettiva approfondita sui cambiamenti politici e culturali oltreoceano.
Il Valore dell’Acqua
Il 3 dicembre 2024, si è discusso del rapporto dell’uomo con l’acqua e della sua gestione sostenibile. Marcella Cocchi, giornalista del Quotidiano Nazionale, ha dialogato con Giulio Boccaletti, autore di Siccità. Un paese alla frontiera del clima, fornendo spunti preziosi sull’impatto dei cambiamenti climatici.
Jazz di Natale a Budrio
Il 13 dicembre 2024, il Michela Calzoni Quartet, accompagnato dal sax di Piero Odorici, ha regalato una serata all’insegna del jazz natalizio. Un evento che ha saputo coniugare la magia della musica con la voglia di stare insieme.
Prossimo evento: Antifascismo senza Retorica
Il prossimo appuntamento è previsto per il 16 gennaio 2025 alle ore 20:45, con la presentazione del libro Storie di antifascismo senza retorica di Max Collini e Arturo Bertoldi. Oltre agli autori, interverranno la sindaca Debora Badiali e la storica Cinzia Venturoli. Sarà un’occasione importante per riflettere su temi storici e attuali, aperta a tutta la cittadinanza.
Budrio Più non si ferma qui.
Nei prossimi mesi, altri incontri arricchiranno il calendario culturale, con ospiti di spicco come Walter Veltroni, che contribuiranno ad approfondire argomenti di interesse pubblico.
Invitiamo tutti a seguire le iniziative future e a partecipare attivamente, continuando a costruire insieme una comunità basata su dialogo, inclusività e cultura.
Un secolo fa il discorso di Mussolini che sancì la nascita del regime fascista
Alla fine del 1923 il deputato socialista Giacomo Matteotti consegnò alle stampe il volume Un anno di dominazione fascista, un dettagliato resoconto delle violenze fasciste, uno strumento di denuncia e un richiamo alla necessaria reazione unitaria nei confronti della drammatica minaccia all’ordinamento democratico. Nel testo sono elencati gli atti di violenza messi in pratica dai fascisti, soprattutto contro la classe operaia, contro i ceti più deboli e meno protetti: moltissimi si svolsero proprio nei nostri territori.
Il 21 luglio 1923 entrò in vigore la nuova legge elettorale, la “Acerbo”, che stabiliva un cospicuo premio di maggioranza: la lista che avesse conseguito il 25% dei voti validi avrebbe ottenuto due terzi dei 535 seggi della Camera dei deputati.
Il 6 aprile 1924, durante le elezioni politiche i fascisti misero in atto intimidazioni, violenze, coercizioni che Giacomo Matteotti denunciò puntualmente alla Camera il 30 maggio in un discorso preciso e appassionato che venne interrotto più e più volte dai fascisti. (http://storia.camera.it/regno/lavori/leg27/sed004.pdf)
Il deputato socialista terminò dicendo; “Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me”.
Matteotti stava scrivendo un intervento rispetto alla gestione dell’economia da parte dei fascisti, discorso che non pronuncerà mai perché il 10 giugno 1924 fu rapito e ucciso dai fascisti.
Il 3 gennaio 1925 Benito Mussolini, in un discorso alla Camera si assunse la responsabilità morale e politica del delitto Matteotti dichiarando:
“Ebbene, io dichiaro qui al cospetto di questa assemblea ed al cospetto di tutto il popolo italiano che assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il Fascismo non è stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere, se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico, morale, a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento fino ad oggi. “ (Scritti e Discorsi di Benito Mussolini, Edizione definitiva, vol. V, Ulrico Hoepli Editore Milano 1934-XIII https://it.wikisource.org/wiki/Italia_-_3_gennaio_1925,_Discorso_sul_delitto_Matteotti)
Fu un passaggio per la costruzione del regime totalitario fascista che vide una fondamentale tappa nelle leggi Fascistissime (1925-1926) con le quali, fra le altre cose, vennero definitivamente abolite le libertà di stampa, di opinione e di parola; vennero messi furi legge tutti i partiti, il Partito Nazionale Fascista fu trasformato in organo dello stato attraverso la costituzione del Gran Consiglio del Fascismo; furono istituiti il confino di polizia per gli antifascisti, il Tribunale Speciale per la Sicurezza dello Stato con competenza sui reati contro la sicurezza dello Stato e l’OVRA, la polizia segreta. (https://www.senato.it/node/84713/printable/print)
Per saperne di più
- Giacomo Matteotti, Un anno di dominazione fascista, Rizzoli, 2023
- http://faregliitaliani.archivioluce.com/FareItaliani/1922-1/dalla-culla-alla-tomba-progetto-dello/1924.html#contMediaspace
- https://acs.cultura.gov.it/matteotti-una-vita-per-il-socialismo-e-la-democrazia/
- https://www.raiscuola.rai.it/storia/articoli/2021/08/Il-delitto-Matteotti-e71cc4ba-48b0-426a-9dd3-f1d389103394.html
- https://www.archivioluce.com/il-delitto-matteotti/
- https://www.raicultura.it/storia/articoli/2019/01/Delitto-Matteotti-b23383e5-d732-4778-a877-4b8d706efa09.html
Storia e memoria della strage di Sabbiuno del dicembre 1944
Anche il Comune di Budrio, rappresentato dalla consigliera Cinzia Venturoli, era presente alle commemorazioni della strage di Sabbiuno che si sono tenute domenica 15 dicembre.
Alla fine dell’estate del 1944 si credeva imminente la liberazione di Bologna e del territorio circostante e per questo motivo fu dato l’ordine ai partigiani di convergere a Bologna per l’insurrezione in vista della liberazione della città, ma l’avanzata degli Alleati si fermò e I partigiani si trovarono in grave difficoltà: in città i gappisti si trovarono bloccati nelle loro basi, molti partigiani cercarono di dislocati nelle campagne della Bassa, presso famiglie di contadini. Sugli Appennini gli scontri e le stragi di civili si fecero sempre più frequenti. I nazisti minarono gli impianti di pubblica utilità, acquedotto, luce, gas. Fu ampliato il periodo di coprifuoco, i controlli divennero sempre più pressanti.
Fu in questo periodo, nei mesi di ottobre e novembre, in cui si ebbero le principali battaglie all’interno della città di Bologna. Nel territorio di Budrio, avvenne l’eccidio di Vigorso.
Nel dicembre 1944 venne deciso di eliminare i partigiani rastrellati dai nazisti tedeschi e dai fascisti italiani nella zona nord est di Bologna fra Anzola, Calderara di Reno e Amola di Piano, i gappisti e i partigiani che avevano partecipato alla battaglia di Porta Lame e che erano detenuti nelle carceri di Bologna. Il 14 e il 23 dicembre 1944 due gruppi di prigionieri, a piedi o su camion coperti, furono scortati a Sabbiuno dove furono fucilati. Il 22 dicembre molti incarcerati vennero avviati, nei carri bestiame, verso il Brennero e di lì verso Mauthausen-Gusen da dove molti di loro non tornarono. Di qui in poi cadde il silenzio, nemmeno i familiari furono informati della sorte dei loro congiunti. «Il Resto del Carlino», solitamente molto solerte nella campagna antipartigiana, non pubblica nulla sugli eccidi: è una precisa applicazione del decreto “Notte e nebbia” e la guerra antipartigiana diviene sempre più una guerra di annientamento.
Da un saggio di Alberto Preti (Sabbiuno di Paderno, dicembre 1944) risulta che a Sabbiuno furono sicuramente trucidate 58 persone. Fra questi due partigiani nati o residenti a Budrio, come si può leggere nel Dizionario dei partigiani e degli antifascisti:
- Strazzari Anselmo, nato il 16/12/1916 a Budrio – partigiano, coltivatore diretto. Milita nel battaglione Pasquali della 4. Brigata Garibaldi Venturoli operando a Budrio. Il 28/11/1944 è rastrellato con numerose altre persone. Dopo una breve detenzione nel carcere di S. Giovanni in Monte, è ucciso nell’eccidio di Sabbiuno di Paderno. [Diz. V]
- Vanti Ettore, n. il 6/03/1924 a Granarolo Emilia – partigiano. Nel 1943 residente a Budrio. Operaio. Milita nel battaglione Pasquali della 4 Brigata Garibaldi Venturoli operando nella pianura bolognese. E’ fucilato dai tedeschi a Sabbiuno di Paderno.
E’ molto probabile che nei mesi successivi vennero uccise o gettate nei calanchi di Sabbiuno altre persone.
Il 6 febbraio 1973 venne inaugurato il monumento ai caduti di Sabbiuno. Il sacrario era stato progettato dal Gruppo Architetti Città Nuova (Letizia Gelli Mazzucato, Umberto Maccaferri, Gianpaolo Mazzucato, Giancarlo Mattioli) che, come le maestranze che costruirono, prestò la propria opera a titolo gratuito.
https://www.storiaememoriadibologna.it/resistenza/monumenti/monumento-memoriale-di-sabbiuno
Ora Sabbiuno è un importante luogo di memoria ed ogni anno quelle persone uccise dai fascisti e dai nazisti vengono ricordate e con loro viene celebrata la lotta pe la Liberazione, per la pace, per la democrazia.
Per saperne di più:
http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/Sabbiuno%20di%20Paderno%201944.12.14.pdf
https://www.storiaememoriadibologna.it/eccidio-di-sabbiuno-del-monte-di-paderno-bologna-62-evento
http://resistenzamappe.it/extraurbani/bologna_nord_repressione/battaglia_e_rappresaglia_sabbiuno
https://www.comune.bologna.it/iperbole/monumentosabbiuno/index.html
https://www.raiplaysound.it/audio/2021/12/WIKIRADIO-2eb838c3-d738-4644-ab4b-2fca064a4936.html
Dal Consiglio comunale, forte preoccupazione per la manovra finanziaria del Governo
REDAZIONE
In consiglio comunale è appena stata approvata a maggioranza una mozione proposta dal gruppo Apriti Budrio sui temi della legge di bilancio in discussione in parlamento in queste settimane, proposto dal governo guidato da Giorgia Meloni. Ne riportiamo integralmente il testo:
Il Consiglio comunale di Budrio
Considerato che
lo scorso 23 ottobre si è avviato alla Camera dei deputati l’iter di approvazione del disegno di legge di bilancio 2025 e che nel testo trasmesso al Parlamento è contenuta la previsione di una riduzione della spesa corrente degli enti locali dal 2025 al 2027 di 3 miliardi e 710 milioni euro, riduzione che segue il taglio di 1 miliardo e 300 milioni sempre sulla spesa corrente degli enti locali inflitta dalla legge finanziaria del 2024;
Rilevato che
il taglio sulla spesa corrente degli enti locali incide in maniera profonda sull’erogazione dei servizi alle cittadine e ai cittadini, dai servizi di welfare al verde pubblico, dalle utenze alle manutenzioni, senza ovviamente tralasciare anche spese per il personale;
Precisato che
tagliare risorse di spesa corrente sul welfare locale significa costringere le amministrazioni pubbliche a mettere in discussione la quantità dell’erogazione dei servizi per l’infanzia, i servizi per l’assistenza educativa scolastica per alunne e alunni con disabilità, i servizi per l’assistenza delle fragilità delle persone adulte e anziane e contestualmente significa costringere le amministrazioni pubbliche ad aumentare le rette di accesso a servizi quali il trasporto scolastico, i servizi di anticipo o posticipo scolastici, l’accesso ai centri diurni, la refezione scolastica o domiciliare;
Specificato che
il disegno di legge in discussione prevede contestualmente una corposa diminuzione delle entrate per le pubbliche amministrazioni, considerata la proroga della riforma Irpef a tre scaglioni e l’estensione del taglio del cuneo fiscale, due misure che solo nel 2025 significheranno una minore entrata della pubblica amministrazione per 12,2 miliardi di euro.
Aggiunto che
il disegno di legge in discussione prevede contestualmente gravi tagli alle spese del personale delle pubbliche amministrazioni (con il blocco del turn over fissato al 75%, ovvero -159 milioni nel solo 2025), tagli alla messa in sicurezza dei territori a rischio idrogeologico (-200 milioni) , tagli all’abbattimento delle barriere architettoniche e alla messa in sicurezza di scuole, strade ed edifci pubblici (-115 milioni nel solo 2025), tagli ai progetti di rigenerazione urbana (-200 milioni, 2027-2029), tagli ai fondi per investimenti comunali veicolati dalle Regioni (-913,5 milioni, 2025-2029), tagli al fondo dello sviluppo industriale dell’automotive (-4,6 miliardi, 2025-2030),
esprime
grave preoccupazione per la manovra finanziaria in discussione che sta generando profonda difficoltà nella costruzione dei bilanci dei Comuni, in particolari dei comuni più piccoli, e ancora più profonda difficoltà nell’interlocuzione con la cittadinanza che, a fronte di un aumento significativo nella richiesta di sostegno e assistenza delle diverse fragilità e povertà, vedrà la contrazione di servizi e/o l’aumento delle tariffe di accesso ai servizi;
si unisce
alle tante voci della società civile e produttiva del Paese che in questi giorni stanno manifestando le proprie preoccupazioni verso la finanziaria in discussione, dalle organizzazioni sindacali Cgil e Uil a Confindustria, dal Forum del Terzo settore ad Alleanza contro la povertà,
chiede
al Governo di valutare come segno strategico, già dal prossimo anno, lo stanziamento di maggiori risorse a sostegno del welfare, quali ad esempio l’aumento del fondo per l’assistenza ai minori e del fondo per la non autosufficienza, il rifinanziamento dei fondi a sostegno dell’abitare, a partire dal Fondo nazionale di Sostegno all’affitto e dal Fondo per la morosità incolpevole;
al Governo di prevedere un sostegno finanziario e normativo dei comuni e del loro associazionismo per la gestione di servizi e funzioni, e di reintrodurre quelle forme di sostegno ai Comuni per progettazioni e investimenti;
ai Parlamentari e alle Parlamentari nazionali eletti ed elette nel territorio, alle e ai componenti del Governo provenienti dalla nostra Città metropolitana di sostenere tali contenuti e richieste, promuovendo iniziative tese ad ottenerne l’accoglimento in sede politica e parlamentare;
ai Parlamentari e alle Parlamentari di chiedere l’avvio, in collaborazione con ANCI e UPI un sostanziale disegno di legge che consenta di rivedere il quadro normativo in tema di finanza locale con l’obiettivo di dare agli Enti Locali strumenti e possibilità per poter garantire servizi e funzioni che oggi sono messi drammaticamente a rischio;
al Sindaco di farsi promotore del presente Ordine del giorno nelle occasioni di incontro e confronto con gli interlocutori e le interlocutrici sopra menzionati e menzionate.
È appena trascorsa la giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne. L'intervento in Consiglio comunale
REDAZIONE
Nel 1981 si decise di celebrare la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la data del 25 novembre fu scelta in memoria delle sorelle Mirabal, Patria, Minerva e Maria Teresa, tre attiviste politiche stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate per il loro impegno contro la dittatura nella Repubblica dominicana.
Secondo l’Articolo 1 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, emanata dall’Assemblea Generale dell’Onu nel 1993[1], la violenza contro le donne è “ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata”.
Con l’espressione violenza di genere si indicano quindi tutte le forme di violenza da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio.
La violenza contro le donne continua ad essere un ostacolo allo sviluppo, alla pace. Secondo il Consiglio d’Europa, la violenza contro le donne rappresenta «una delle espressioni più pronunciate dello squilibrio di potere tra donne e uomini, costituendo allo stesso tempo una violazione dei diritti umani e uno dei principali ostacoli all’uguaglianza di genere»
Nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3
In Italia i dati Istat [2] hanno mostrato che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici.
Secondo uno studio dell’OMS e della Banca Mondiale, la violenza domestica è la causa principale di morte o di lesioni gravi per donne tra 16 e 44 anni
Il Report “Violenza sulle donne” del Servizio analisi criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale, aggiornato all’8 marzo 2024, evidenzia che nel 2023 le vittime di violenza sessuale sono state 6.062, di cui il 91% donne.
Nel 2024, oltre 90 donne sono state uccise per motivi di gelosia o di possesso dai loro partner o ex, i tentati femminicidi sono al momento 44, a cui si devono aggiungere molestie, stalking, minacce e violenza psicologica e sessuale. Per il 94% gli aggressori sono italiani.
Purtroppo, si continuano ad evidenziare risposte inadeguata nell’affrontare questa violenza, spesso basate su stereotipi patriarcali del rapporto uomo/donna.
Con patriarcato si indica un sistema sociale, culturale, politico, economico in cui gli uomini predominano nello spazio pubblico e in quello privato, ed esercitano il potere anche attraverso il controllo sulla donna, sul suo corpo e sulla sua vita. Il patriarcato non è ideologia ma è ancora una realtà fatta di squilibri che persistono e di stereotipi fra i quali quelli che portano le donne a sentirsi colpevolizzate tanto che, sovente, le vittime di violenza non denunciano e se pur lo fanno rischiano di essere vittime due volte a causa dell’impunità, del silenzio, della stigmatizzazione e della vergogna che caratterizzano questo tipo di violenza. Molte donne non denunciano, soprattutto se la violenza viene dal partner, assistiamo quindi al fenomeno del victim blaming, cioè la colpevolizzazione della vittima che si verifica sia all’interno della famiglia sia nella società: non è più il responsabile delle violenze a essere biasimato, ma chi ha subito i soprusi. Da due recenti indagini condotte in Italia (Action Aid, 2023; ISTAT, 2019) emerge come più del 20% delle persone intervistate creda che le donne possano provocare una violenza sessuale mostrando un abbigliamento o un comportamento provocante, circa il 15% che le donne che hanno subìto una violenza sotto l’effetto di sostanze, alcoliche o stupefacenti, siano responsabili per quanto accaduto e che tra il 39% (Istat, 2019) e il 78% (Action Aid, 2023) crede che una donna può sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo desidera. Il victim blaming oltre ad essere la prima causa della mancata denuncia delle violenze subite, è considerato una delle possibili forme di vittimizzazione secondaria, ossia un’ulteriore vittimizzazione, successiva a quella primaria subìta dall’aggressore, che assume la forma dello screditamento, della mancanza di supporto e dell’attribuzione di colpa da parte di istituzioni, media e persone che circondano la vittima[3].
Secondo ricerca di ActionAid in collaborazione con Osservatorio di Pavia e B2Research[4], l’84% tra le donne che subito violenza dichiara di non aver ricevuto o non aver cercato aiuto e sostegno. Le ragioni indicate sono: vergogna, mancanza di informazioni su chi contattare, timore di non ottenere il supporto necessario o paura di ritorsioni da parte dell’autore della violenza.
Le leggi contro la violenza di genere perseguono tre obiettivi principali: prevenire i reati, punire i colpevoli, proteggere le vittime. Ma le leggi vanno applicate e sono necessari investimenti, di denaro e di forze, affinché raggiungano il loro scopo.
Sono necessarie azioni per “promuovere i cambiamenti nei comportamenti socioculturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini” così come troviamo scritto nella Convenzione di Istanbul, nata in seno al Consiglio d’Europa nel 2011, ratificata dall’Italia nel 2013 e entrata ufficialmente in vigore anche dell’Unione europea a partire dal 1 ottobre 2023. I motivi della violenza sulle donne vanno cercati anche nella rottura degli equilibri millenari e nella ricerca di libertà e autodeterminazione delle donne stesse. È un tema quindi di cittadinanza.
Oltre alle leggi che puniscono la violenza si devono quindi mettere in atto azioni di reale protezione delle vittime e di prevenzione che si deve concretizzare sul terreno dell’educazione culturale, una educazione permanente che deve però avere una tappa fondamentale nel lavoro con bambini, bambine e adolescenti sui temi dell’educazione al rispetto, all’affettività, alle differenze di genere. Non è più quindi rimandabile l’introduzione nelle scuole di ogni ordine e grado, l’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale. L’Italia è fra le poche nazioni europee insieme a Cipro, Bulgaria, Polonia, Romania e Lituania, che non ha questo tipo di programmi educativi: tra il 1977 e il 2019 ben sedici proposte parlamentari hanno tentato di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole senza riuscirvi mentre la stessa convenzione di Istambul specifica la necessità di includere “nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali”.
Sonoinfine necessari immediati stanziamenti per incrementare l’azione dei consultori e dei Centri antiviolenza che sono presidio fondamentale di tutela, accoglienza e prevenzione socioculturale, per la formazione obbligatoria di tutte le operatrici e gli operatori pubblici, per la formazione delle e degli insegnanti, per il Reddito di libertà per tutte le vittime non autonome.
Crediamo che possiamo e dobbiamo impegnarci, da subito, giorno per giorno, da amministratori e amministratrici, da cittadini e cittadine per mettere in campo ogni azione che ponga fine a discriminazione, prevaricazione, violenza, perpetrazione di stereotipi tossici al fine di stroncare finalmente ogni forma di violenza, per costruire una democrazia veramente paritaria ed una società solidale, coesa in cui le persone di ogni genere e orientamento sessuale possano vivere ed esprimersi in perfetta sicurezza e armonia.
[1] https://unipd-centrodirittiumani.it/it/archivi/strumenti-internazionali/dichiarazione-sulleliminazione-della-violenza-contro-le-donne-1993
[2] https://www.istat.it/statistiche-per-temi/focus/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/violenza-dentro-e-fuori-la-famiglia/il-numero-delle-vittime-e-le-forme-di-violenza/
[3] https://it.in-mind.org/article/se-le-cercata-il-victim-blaming-nei-confronti-delle-vittime-di-violenza-di-genere?page=2
[4] https://www.actionaid.it/informati/press-area/serve-andare-oltre-le-parole
L’Ora Blu presenta: “Il nostro rapporto con l’acqua"
In un mondo in continua trasformazione a causa dei cambiamenti climatici, il nostro legame con l’acqua non è mai stato così essenziale.
Per approfondire questo tema cruciale, L’Ora Blu, una rassegna di incontri culturali e di attualità promossa e organizzata da BudrioPiù, propone un appuntamento speciale dal titolo “Il nostro rapporto con l’acqua”, in programma il 3 dicembre 2024, alle ore 20:45, presso le Torri dell’Acqua di Budrio, in via Benni 1.
Un dialogo d’eccezione
Protagonista della serata sarà Giulio Boccaletti, scienziato e autore del libro Siccità. Un paese alla frontiera del clima”. Con la moderazione di Marcella Cocchi, giornalista del QN Quotidiano Nazionale, Boccaletti affronterà tematiche fondamentali come la gestione delle risorse idriche, il loro impatto sulla nostra vita quotidiana e il ruolo dell’acqua in un futuro sempre più incerto.
Chi è Giulio Boccaletti?
Giulio Boccaletti è riconosciuto come uno dei maggiori esperti globali di sicurezza ambientale e gestione delle risorse naturali. Con oltre 15 anni di esperienza in questo settore, Boccaletti ha un curriculum impressionante:
- Laureato all’Università di Bologna e con un Dottorato di Ricerca presso la Princeton University;
- Ricercatore al MIT e direttore di The Nature Conservancy, dove ha guidato programmi idrici in oltre 70 Paesi;
- Ricercatore associato onorario presso l’Università di Oxford;
- Membro onorario del Comitato Scientifico del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.
Il suo libro “Acqua: una biografia” è stato scelto da The Economist come uno dei migliori libri del 2021, consacrandolo come voce autorevole sulla sicurezza idrica.
Perché partecipare?
La serata rappresenta un’occasione unica per riflettere sul valore dell’acqua nel contesto attuale e futuro. Durante l’evento, Boccaletti porterà non solo la sua vasta conoscenza scientifica, ma anche una visione pratica e globale sulla gestione delle risorse idriche. Dalla crisi climatica alle strategie di sostenibilità, sarà un viaggio attraverso sfide e soluzioni concrete che riguardano ognuno di noi.
L’incontro, a ingresso libero, è un invito ad approfondire un tema che non tocca solo la nostra quotidianità, ma anche il destino del nostro pianeta.
Dettagli dell’evento
📅 Quando: 3 dicembre 2024
🕗 Orario: 20:45
📍 Dove: Torri dell’Acqua, Budrio (via Benni, 1)
🎟 Ingresso: Libero
Come si arriva alla strage di Bologna. Il libro di Cinzia Venturoli e Antonella Beccaria
REDAZIONE
Il volume di recentissima pubblicazione, con la promozione della Biblioteca comunale, è stato presentato a Budrio in Piazza Antonio nella serata di giovedì 1 agosto. Insieme alle autrici Cinzia Venturoli e Antonella Beccaria, erano presenti Ilaria Moroni (Direttrice dell’archivio Flamigni) e Sergio Amato, figlio del giudice Mario Amato ucciso il 23 giugno 1980 da due esponenti dell’organizzazione eversiva neofascista NAR (Cavallini e Ciavardini), mentre era titolare delle inchieste sul terrorismo nero nel Lazio.
Operazione Bologna. 1975-1980: l’inarrestabile onda della strategia della tensione.
Ed. Castelvecchi 2024
A lungo si è creduto che la strategia della tensione si fosse conclusa a ridosso della metà degli anni Settanta. Le ultime inchieste giudiziarie, culminate nel processo ai mandanti celebrato a Bologna, certificano che quell’ipotesi è sbagliata. Tra il 1975 e il 1980 c’è stato un crescendo di violenza che non è l’esito di un progetto concepito e attuato unicamente dalla generazione più giovane di terroristi di estrema destra. La documentazione più recente dimostra infatti la regia delle organizzazioni neofasciste della vecchia guardia, legate a piani geopolitici orchestrati dalla loggia P2. Uno scenario di trame oscure che «scavallò la metà degli anni Settanta e preparò il più ferale degli attentati che l’Italia repubblicana abbia conosciuto»: la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.
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Io voglio giustizia. Voglio verità e giustizia. Non è molto, ma sembra impossibile ottenerle. Io chiedo che i responsabili vengano cercati, trovati, puniti. Senza cuore? Ma è proprio perché di cuore ne ho che dico che bisogna andare avanti. Queste tragedie sono personali e individuali, ma sono anche pubbliche e sociali. Se ognuno si rinchiude in se stesso, si smarrisce la dimensione collettiva. Scema la tensione morale, si dimentica. E fra qualche anno saremmo ancora qui a piangere altre disgrazie, a seppellire altri morti innocenti. La giustizia diventa esempio, aumenta la vigilanza, fa crescere la consapevolezza.
Così affermava nel 1989 Torquato Secci, primo Presidente dell’Associazione fra i familiari delle vittime della strage del 2 agosto, sottolineando come ottenere verità e giustizia sia un diritto, in primo luogo, di chi è stato colpito da quel crimine, ma lo sia egualmente anche per l’intera comunità quando si tratti di «crimini grandi e sproporzionati». Verità e giustizia sono un binomio solido: la verità è «precondizione di giustizia. E se un tribunale deve fare giustizia – accertare fatti, definire responsabilità, applicare sanzioni – deve cercare la “verità” nella sua integralità, anche oltre ciò che è strettamente necessario per condannare o assolvere». Il diritto alla verità, equiparabile in tutto e per tutto agli altri diritti umani, è stato rivendicato, in primis, dalle persone colpite dalle gravi violazioni che vengono perpetrate ad esempio durante le dittature; e si è esteso, tanto che dal 2010 il 24 marzo è la Giornata internazionale per il diritto alla verità sulle gravi violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime ed è forse interessante notare come la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia messo in rilievo la dimensione collettiva del diritto alla verità, così come aveva sottolineato anche Torquato Secci.
ANTONELLA BECCARIA
Giornalista, saggista e audiodocumentarista, ha lavorato a produzioni per Rai 1, Rai 3, Rai Radio 3, Sky e Crime+Investigation. Si occupa di terrorismo, strategia della tensione e criminalità organizzata. Tra i suoi libri più recenti, pubblicati per PaperFirst, ricordiamo: I soldi della P2 (con F. Repici e M. Vaudano, 2021), Dossier Bologna (2020) e Piazza Fontana. I colpevoli (2019).
CINZIA VENTUROLI
Professoressa a contratto al dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna, si è occupata di storia della Seconda Guerra Mondiale, della Resistenza e del dopoguerra, di storia di genere e di didattica della storia. Da molti anni lavora sulla storia italiana degli anni Settanta, con particolare attenzione ai movimenti politici, ai terrorismi e al rapporto fra storia e memoria. Per Castelvecchi ha pubblicato Storia di una bomba (2020).
2 agosto, 44 anni dopo
Sabato 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna l’esplosione dell’ordigno collocato nella sala d’aspetto di seconda classe causò il crollo dell’intera ala ovest, l’onda d’urto mandò in frantumi i vetri in stazione e negli edifici vicini: è stato il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra e fino al 2004, anno della strage di Madrid, il più grave avvenuto in Europa.
Gli 85 morti e gli oltre 216 feriti dallo scoppio della bomba alla stazione erano persone in viaggio per raggiungere località di villeggiatura o per ritornare a casa, stavano aspettando coincidenze o treni in ritardo, erano persone che in stazione svolgevano il proprio lavoro, erano militari che andavano in licenza, giovani e bambini che andavano in vacanza, anziani che si spostavano, persone andate in stazione ad aspettare parenti o amici di ritorno da altri viaggi e sono stati travolti dalle macerie in sala d’aspetto, nel bar, sul marciapiede, nel piazzale, nei sottopassaggi, sono stati colpite dalle schegge e dai vetri anche nei binari più lontani e sulla strada.
Guardando il lungo elenco dei morti la prima cosa che balza agli occhi è il grande numero di giovani che sono stati uccisi da quella bomba: 33 avevano fra i sedici e i ventisette anni, l’età media era 33 anni, poi si scorgono le famiglie coinvolte e, a volte, completamente annientate, e quindi i bambini, sette avevano fra i tre e i quattordici anni: la vittima più giovane, Angela Fresu, aveva 3 anni, la più anziana, Antonio Montanari, 86. Fra queste una giovane nata qui a Budrio, Franca Dall’Olio di 20 anni che in stazione lavorava. Erano persone come tante, che hanno lasciato parenti, amici, sogni, amori, speranze, dolori e gioie. La strage ci ha portato via il futuro, avventure e sogni che non si sono realizzate. Con le persone più anziane la bomba si è portata via il passato, la memoria, il racconto, la saggezza data dagli anni.
Dopo che i processi fra gli anni ’90 e l’inizio dei 2000 avevano individuato alcuni esecutori materiali e depistatori, dodici sono le sentenze pronunciate sui responsabili della strage fino a quegli anni, l’accento venne posto con forza sulla necessità di individuare i mandanti ed altri esecutori.
“La strage di Bologna ha avuto dei «mandanti» tra i soggetti indicati nel capo d’imputazione, non una generica indicazione concettuale, ma nomi e cognomi nei confronti dei quali il quadro indiziario è talmente corposo da giustificare l’assunzione di uno scenario politico, caratterizzato dalle attività e dai ruoli svolti nella politica interna e internazionale da quelle figure, quale contesto, operativo della strage di Bologna”
Così si afferma nelle motivazioni della sentenza Bellini di primo grado; i soggetti indicati nel capo d’imputazione sono i seguenti: Licio Gelli, Umberto Ortolani, in qualità di mandanti finanziatori; Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, il primo in qualità di mandante organizzatore, il secondo principalmente per l’attività di depistaggio. Non più processabili perché deceduti.
Le indagini e le sentenze dei processi il cui iter non è ancora concluso arricchiscono le nostre conoscenze. In alcuni casi, verità storica e verità giudiziaria non coincidono, in alcuni divergono: nel caso della strage alla stazione, non vi è evidenza di contraddizioni tra la ricostruzione giudiziaria e quella storica. Abbiamo quindi un quadro di quell’attentato: quella strage chiudeva il secondo periodo della strategia della tensione, una strategia messa in atto dal terrorismo neofascista con la collaborazione e la protezione di uomini dei servizi segreti e di persone come Licio Gelli che volevano così minacciare, snaturare, limitare quella democrazia che aveva le sue radici nella Costituzione repubblicana.
La memoria ci avvicina a tutti loro: alle vittime e a chi ha reagito per difendere la nostra democrazia in cui iscritti i nostri doveri e i nostri diritti, fra questi il diritto alla verità e alla conoscenza: la democrazia è piena solo se anche questi diritti vengono rispettati.
Le condanne:
Ad oggi, sono stati condannati in via definitiva come esecutori materiali i terroristi neofascisti dei NAR Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, e per attività di depistaggio il capo della loggia P2 Licio Gelli, gli ufficiali dei servizi segreti Pietro Musumeci (P2) e Francesco Belmonte e il faccendiere Francesco Pazienza. In secondo grado è stato condannato anche Gilberto Cavallini per strage, e nel cosiddetto processo ai mandanti sono stati condannati, sempre in secondo grado, Paolo Bellini, l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, e Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli a Roma, accusato di false informazioni al pubblico ministero al fine di sviare le indagini.
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Come nasce nel 1943 la Pastasciutta antifascista
Il nostro Paese ha un calendario civile.
Di ogni evento che fa parte di questo calendario abbiamo, o per meglio dire, dovremmo avere memoria, perché è solo con questa che ci connettiamo al nostro passato e possiamo comprendere il presente e progettare il futuro. La memoria conserva promesse e potenzialità: non sembri quindi un azzardo affermare che la memoria è carica di futuro, di speranza e di progetti.
Come è noto il 25 luglio 1943 il gran consiglio del fascismo vota l’ordine del giorno Grandi che mise in minoranza Mussolini dopo ormai un ventennio di regime totalitario e una guerra che ha prostrato il Paese.
Quel 25 luglio 1943 era domenica. L’Italia era in guerra da tre anni. La giornata era stata afosa in quasi tutta la penisola. Alle 22:45 l’EIAR interruppe un concerto radiofonico e l’annunciatore con voce stentorea e «littoria» lesse un comunicato straordinario portato di persona dal ministro della Real Casa, il duca Acquarone:
«Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro, Segretario di Stato di Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini…»
Il nuovo presidente del consiglio era Pietro Badoglio, il Maresciallo d’Italia, il duca di Addis Abeba, l’ex capo di stato maggiore generale. Il comunicato si concluse con la sola Marcia Reale, non più abbinata a «Giovinezza».
Molti cittadini Italiani speravano che quel 25 luglio segnasse la fine della guerra e
“la Liquidazione totale del fascismo e di tutti i suoi strumenti di oppressione; il Ripristino di tutte le libertà civili e politiche prima fra tutte la libertà di stampa; la Libertà immediata di tutti i detenuti politici; l’Abolizione delle leggi razziali; e la Costituzione di un governo formato dai rappresentanti di tutti i partiti che esprimano la volontà nazionale”
così come possiamo leggere in un appello firmato da: Partito d’Azione, Gruppo di Ricostruzione Liberale, Movimento di Unità Proletaria per la Repubblica Socialista, Partito Democratico Cristiano, Partito Socialista e Partito Comunista.
Nel ricordo dell’antifascista Ada Rossi, il 26 luglio, a Reggio Emilia:
«c’era tanta gente che gridava, tutti avevano il garofano rosso, c’erano bandiere, bandiere rosse e anche tricolori»
e, a Milano, vide su un vagone la scritta «oggi rigaglie» e sotto «del duce»:
«La locomotiva del treno sul quale montai, che veniva da Bologna, aveva due bandiere, da una parte e dall’altra di un cartello che diceva “viva la libertà”»
La mattina del 26 a Bologna, spontaneamente, molti cittadini scesero in piazza sventolando bandiere tricolore. Ezio Cesarini, giornalista de “il Resto del Carlino”, improvvisò un comizio in Piazza Maggiore e dopo di lui parlò lo scrittore Antonio Meluschi. Antifascisti entrarono nella torre dell'Arengo ed azionano il grande battaglio del campanone. Un gruppo di manifestanti invase lo stadio, il Littoriale, abbattendo in parte il monumento equestre di Mussolini. In città non vi furono atti di violenza nei confronti dei fascisti.
A Budrio, un aderente al Partito fascista annottava sul suo diario:
28 luglio - E' stato tolto dalla casa della Partecipanza il ricordo marmoreo che ricordava la sede del 1 ° Fascio di Budrio.
29 luglio - E' stato tolto il ricordo marmoreo murato nella casa del Credito Romagnolo nel locale della quale fu fondato il Fascio di Budrio il 5 aprile 1920.
31 luglio - Si tolgono tutte le insegne del fascio littorio nella facciata della Casa del Fascio e dentro la stessa. Viene pure tolta la lapide che ricordava la conquista dell’impero...
1 agosto - Dall’annuncio delle dimissioni di Mussolini nessun incidente fino ad oggi si è verificato all’infuori di qualche scambio di parole animate subito placate.
Il 27 luglio 1943 a Campegine i Cervi insieme ad altre famiglie del paese, portarono la pastasciutta in piazza, nei bidoni per il latte. C’era la fame, ma c’erano anche la voglia di uscire dall’incubo del fascismo e della guerra, il desiderio di “riprendersi la piazza” con un moto spontaneo, dopo anni di adunate a comando e di divieti.
Alla fine degli anni Ottanta si ebbe la felice intuizione di riproporre l’antico gesto della famiglia Cervi e nacquero le “pasta asciutte antifasciste”.
Sappiamo che la storia seguì un corso diverso da quello sperato da molti italiani; molti mesi sarebbero ancora passati per arrivare alla fine della guerra, alla liberazione dall’occupazione nazista e alla fine della Repubblica sociale.
Sappiamo anche che dal 25 luglio (e dal seguente 8 settembre) molti italiani e italiane posero le basi per la costruzione della nostra democrazia attraverso la Resistenza.
Link utili:
https://www.storiaememoriadibologna.it/archivio/eventi/caduta-del-fascismo-0
Cau: numeri positivi a Budrio e in Regione. Il comunicato del centrosinistra
La riforma dell’emergenza-urgenza ha ridotto i tempi di attesa e avvicina i servizi ai cittadini
Sì è tenuto martedì sera l’incontro pubblico, promosso dal Comune di Budrio, per aggiornare la cittadinanza sui risultati del CAU (Centro assistenza urgenze) dell’ospedale di Budrio. Era un impegno preso pubblicamente a ottobre dall’assessore regionale Donini e dalla sindaca Badiali durante l’assemblea di presentazione del progetto, ed è stato rispettato.
- I dati confermano la bontà della scelta di istituire il Cau nella nostra realtà: lo dimostrano i tempi di attesa crollati sotto le due ore (in media), mentre tutti ricordiamo le attese infinite in quello che era il Pronto soccorso.
- La riduzione dei medici di emergenza sta desertificando le strutture di Pronto soccorso in tutta Italia, oppure costringe a privatizzare i servizi appaltandoli all’esterno. In Emilia-Romagna invece si è evitato il tracollo attraverso questo progetto che coinvolge positivamente i medici di continuità assistenziale (guardia medica). I Cau sono già 30 in tutta tutta la regione e diventeranno 50 a fine anno.
- In un ospedale come quello di Budrio, questo significa riuscire a dare risposta con il Cau a quasi il 90% di coloro che già si recavano al Pronto soccorso, ma con tempi d’attesa imparagonabili a prima.
- Nell’incontro pubblico dell’ottobre scorso, molti cittadini avevano espresso preoccupazioni legittime per questi cambiamenti. Serpeggiava anche il timore di un indebolimento dell’ospedale che - dicevano alcuni - avrebbe potuto portare alla sua chiusura. Le cose stanno andando nella direzione esattamente opposta.
- La struttura di Budrio si consolida e si rafforza come ospedale per acuti, con un maggiore presidio notturno nella medicina interna e un aumento di attività nella chirurgia.
- Proprio il progetto di Week surgery (chirurgia con dimissione in settimana) realizzato insieme al Sant’Orsola compie 10 anni in queste settimane. È grazie a quella scelta se in questi anni l’ospedale ha acquisito una centralità metropolitana e un’identità definita, sapendo rispondere ai bisogni di migliaia di pazienti e sfoltendo in modo importante le liste di attesa di chirurgia.
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Nel bolognese e in regione rimane un grande tema problematico: quello delle liste di attesa per le prestazioni diagnostiche, specialistiche e strumentali. Purtroppo stiamo ancora pagando l’impatto del Covid sull’organizzazione dei servizi sanitari.
È molto positivo che la Regione stia definendo un importante piano di azione, per abbattere le liste di attesa e affrontare di petto una situazione che costringe sempre più persone a rivolgersi al settore privato per prestazioni differibili o non urgenti. Nei prossimi mesi questo piano verrà diffuso e presentato pubblicamente.