Come si arriva alla strage di Bologna. Il libro di Cinzia Venturoli e Antonella Beccaria

REDAZIONE

Agosto 2, 2024| politica, storia|By REDAZIONE

Il volume di recentissima pubblicazione, con la promozione della Biblioteca comunale, è stato presentato a Budrio in Piazza Antonio nella serata di giovedì 1 agosto. Insieme alle autrici Cinzia Venturoli e Antonella Beccaria, erano presenti Ilaria Moroni (Direttrice dell’archivio Flamigni) e Sergio Amato, figlio del giudice Mario Amato ucciso il 23 giugno 1980 da due esponenti dell’organizzazione eversiva neofascista NAR (Cavallini e Ciavardini), mentre era titolare delle inchieste sul terrorismo nero nel Lazio.

Operazione Bologna. 1975-1980: l’inarrestabile onda della strategia della tensione.
Ed. Castelvecchi 2024

A lungo si è creduto che la strategia della tensione si fosse conclusa a ridosso della metà degli anni Settanta. Le ultime inchieste giudiziarie, culminate nel processo ai mandanti celebrato a Bologna, certificano che quell’ipotesi è sbagliata. Tra il 1975 e il 1980 c’è stato un crescendo di violenza che non è l’esito di un progetto concepito e attuato unicamente dalla generazione più giovane di terroristi di estrema destra. La documentazione più recente dimostra infatti la regia delle organizzazioni neofasciste della vecchia guardia, legate a piani geopolitici orchestrati dalla loggia P2. Uno scenario di trame oscure che «scavallò la metà degli anni Settanta e preparò il più ferale degli attentati che l’Italia repubblicana abbia conosciuto»: la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

–> Acquista il libro qui <–

Io voglio giustizia. Voglio verità e giustizia. Non è molto, ma sembra impossibile ottenerle. Io chiedo che i responsabili vengano cercati, trovati, puniti. Senza cuore? Ma è proprio perché di cuore ne ho che dico che bisogna andare avanti. Queste tragedie sono personali e individuali, ma sono anche pubbliche e sociali. Se ognuno si rinchiude in se stesso, si smarrisce la dimensione collettiva. Scema la tensione morale, si dimentica. E fra qualche anno saremmo ancora qui a piangere altre disgrazie, a seppellire altri morti innocenti. La giustizia diventa esempio, aumenta la vigilanza, fa crescere la consapevolezza.

Così affermava nel 1989 Torquato Secci, primo Presidente dell’Associazione fra i familiari delle vittime della strage del 2 agosto, sottolineando come ottenere verità e giustizia sia un diritto, in primo luogo, di chi è stato colpito da quel crimine, ma lo sia egualmente anche per l’intera comunità quando si tratti di «crimini grandi e sproporzionati». Verità e giustizia sono un binomio solido: la verità è «precondizione di giustizia. E se un tribunale deve fare giustizia – accertare fatti, definire responsabilità, applicare sanzioni – deve cercare la “verità” nella sua integralità, anche oltre ciò che è strettamente necessario per condannare o assolvere». Il diritto alla verità, equiparabile in tutto e per tutto agli altri diritti umani, è stato rivendicato, in primis, dalle persone colpite dalle gravi violazioni che vengono perpetrate ad esempio durante le dittature; e si è esteso, tanto che dal 2010 il 24 marzo è la Giornata internazionale per il diritto alla verità sulle gravi violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime ed è forse interessante notare come la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia messo in rilievo la dimensione collettiva del diritto alla verità, così come aveva sottolineato anche Torquato Secci.

ANTONELLA BECCARIA
Giornalista, saggista e audiodocumentarista, ha lavorato a produzioni per Rai 1, Rai 3, Rai Radio 3, Sky e Crime+Investigation. Si occupa di terrorismo, strategia della tensione e criminalità organizzata. Tra i suoi libri più recenti, pubblicati per PaperFirst, ricordiamo: I soldi della P2 (con F. Repici e M. Vaudano, 2021), Dossier Bologna (2020) e Piazza Fontana. I colpevoli (2019).

CINZIA VENTUROLI
Professoressa a contratto al dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna, si è occupata di storia della Seconda Guerra Mondiale, della Resistenza e del dopoguerra, di storia di genere e di didattica della storia. Da molti anni lavora sulla storia italiana degli anni Settanta, con particolare attenzione ai movimenti politici, ai terrorismi e al rapporto fra storia e memoria. Per Castelvecchi ha pubblicato Storia di una bomba (2020).


2 agosto, 44 anni dopo

Sabato 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna l’esplosione dell’ordigno collocato nella sala d’aspetto di seconda classe causò il crollo dell’intera ala ovest, l’onda d’urto mandò in frantumi i vetri in stazione e negli edifici vicini: è stato il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra e fino al 2004, anno della strage di Madrid, il più grave avvenuto in Europa.

Gli 85 morti e gli oltre 216 feriti dallo scoppio della bomba alla stazione erano persone in viaggio per raggiungere località di villeggiatura o per ritornare a casa, stavano aspettando coincidenze o treni in ritardo, erano persone che in stazione svolgevano il proprio lavoro, erano militari che andavano in licenza, giovani e bambini che andavano in vacanza, anziani che si spostavano, persone andate in stazione ad aspettare parenti o amici di ritorno da altri viaggi e sono stati travolti dalle macerie in sala d’aspetto, nel bar, sul marciapiede, nel piazzale, nei sottopassaggi, sono stati colpite dalle schegge e dai vetri anche nei binari più lontani e sulla strada.

Guardando il lungo elenco dei morti la prima cosa che balza agli occhi è il grande numero di giovani che sono stati uccisi da quella bomba: 33 avevano fra i sedici e i ventisette anni, l’età media era 33 anni, poi si scorgono le famiglie coinvolte e, a volte, completamente annientate, e quindi i bambini, sette avevano fra i tre e i quattordici anni: la vittima più giovane, Angela Fresu, aveva 3 anni, la più anziana, Antonio Montanari, 86. Fra queste una giovane nata qui a Budrio, Franca Dall’Olio di 20 anni che in stazione lavorava. Erano persone come tante, che hanno lasciato parenti, amici, sogni, amori, speranze, dolori e gioie. La strage ci ha portato via il futuro, avventure e sogni che non si sono realizzate. Con le persone più anziane la bomba si è portata via il passato, la memoria, il racconto, la saggezza data dagli anni.

Dopo che i processi fra gli anni ’90 e l’inizio dei 2000 avevano individuato alcuni esecutori materiali e depistatori, dodici sono le sentenze pronunciate sui responsabili della strage fino a quegli anni, l’accento venne posto con forza sulla necessità di individuare i mandanti ed altri esecutori.

“La strage di Bologna ha avuto dei «mandanti» tra i soggetti indicati nel capo d’imputazione, non una generica indicazione concettuale, ma nomi e cognomi nei confronti dei quali il quadro indiziario è talmente corposo da giustificare l’assunzione di uno scenario politico, caratterizzato dalle attività e dai ruoli svolti nella politica interna e internazionale da quelle figure, quale contesto, operativo della strage di Bologna”

Così si afferma nelle motivazioni della sentenza Bellini di primo grado; i soggetti indicati nel capo d’imputazione sono i seguenti: Licio Gelli, Umberto Ortolani, in qualità di mandanti finanziatori; Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, il primo in qualità di mandante organizzatore, il secondo principalmente per l’attività di depistaggio. Non più processabili perché deceduti.

Le indagini e le sentenze dei processi il cui iter non è ancora concluso arricchiscono le nostre conoscenze. In alcuni casi, verità storica e verità giudiziaria non coincidono, in alcuni divergono: nel caso della strage alla stazione, non vi è evidenza di contraddizioni tra la ricostruzione giudiziaria e quella storica. Abbiamo quindi un quadro di quell’attentato: quella strage chiudeva il secondo periodo della strategia della tensione, una strategia messa in atto dal terrorismo neofascista con la collaborazione e la protezione di uomini dei servizi segreti e di persone come Licio Gelli che volevano così minacciare, snaturare, limitare quella democrazia che aveva le sue radici nella Costituzione repubblicana.

La memoria ci avvicina a tutti loro: alle vittime e a chi ha reagito per difendere la nostra democrazia in cui iscritti i nostri doveri e i nostri diritti, fra questi il diritto alla verità e alla conoscenza: la democrazia è piena solo se anche questi diritti vengono rispettati.

Le condanne:

Ad oggi, sono stati condannati in via definitiva come esecutori materiali i terroristi neofascisti  dei NAR Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, e per attività di depistaggio il capo della loggia P2 Licio Gelli, gli ufficiali dei servizi segreti Pietro Musumeci (P2) e Francesco Belmonte e il faccendiere Francesco Pazienza. In secondo grado è stato condannato anche Gilberto Cavallini per strage, e nel cosiddetto processo ai mandanti sono stati condannati, sempre in secondo grado, Paolo Bellini, l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, e Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli a Roma, accusato di false informazioni al pubblico ministero al fine di sviare le indagini.

Link utili:

https://www.memoria.san.beniculturali.it/la-storia/-/event/fact/be3c59cc-71ff-4f64-a3e2-912d9595e559%23c6884ea7-81f4-4c55-9bb1-b9cb476661b8/Strage+alla+stazione+di+Bologna)

https://www.rainews.it/video/2024/07/la-strage-di-bologna-quarantaquattro-anni-di-indagini-processi-e-depistaggi-8206ff94-b154-42e7-8816-8f82518f0b3d.html

https://www.rainews.it/tgr/emiliaromagna/video/2024/07/limportanza-della-sentenza-040bcfde-6daa-4406-b1f9-16d42d5a96e9.html


Come nasce nel 1943 la Pastasciutta antifascista

Il nostro Paese ha un calendario civile.

Di ogni evento che fa parte di questo calendario abbiamo, o per meglio dire, dovremmo avere memoria, perché è solo con questa che ci connettiamo al nostro passato e possiamo comprendere il presente e progettare il futuro. La memoria conserva promesse e potenzialità: non sembri quindi un azzardo affermare che la memoria è carica di futuro, di speranza e di progetti.

Come è noto il 25 luglio 1943 il gran consiglio del fascismo vota l’ordine del giorno Grandi che mise in minoranza Mussolini dopo ormai un ventennio di regime totalitario e una guerra che ha prostrato il Paese.

Quel 25 luglio 1943 era domenica. L’Italia era in guerra da tre anni. La giornata era stata afosa in quasi tutta la penisola. Alle 22:45 l’EIAR interruppe un concerto radiofonico e l’annunciatore con voce stentorea e «littoria» lesse un comunicato straordinario portato di persona dal ministro della Real Casa, il duca Acquarone:

«Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro, Segretario di Stato di Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini…»

Il nuovo presidente del consiglio era Pietro Badoglio, il Maresciallo d’Italia, il duca di Addis Abeba, l’ex capo di stato maggiore generale. Il comunicato si concluse con la sola Marcia Reale, non più abbinata a «Giovinezza».

Molti cittadini Italiani speravano che quel 25 luglio segnasse la fine della guerra e

“la Liquidazione totale del fascismo e di tutti i suoi strumenti di oppressione; il Ripristino di tutte le libertà civili e politiche prima fra tutte la libertà di stampa; la Libertà immediata di tutti i detenuti politici; l’Abolizione delle leggi razziali; e la Costituzione di un governo formato dai rappresentanti di tutti i partiti che esprimano la volontà nazionale”

così come possiamo leggere in un appello firmato da: Partito d’Azione, Gruppo di Ricostruzione Liberale, Movimento di Unità Proletaria per la Repubblica Socialista, Partito Democratico Cristiano, Partito Socialista e Partito Comunista.

Nel ricordo dell’antifascista Ada Rossi, il 26 luglio, a Reggio Emilia:

«c’era tanta gente che gridava, tutti avevano il garofano rosso, c’erano bandiere, bandiere rosse e anche tricolori»

e, a Milano, vide su un vagone la scritta «oggi rigaglie» e sotto «del duce»:

«La locomotiva del treno sul quale montai, che veniva da Bologna, aveva due bandiere, da una parte e dall’altra di un cartello che diceva “viva la libertà”»

La mattina del 26 a Bologna, spontaneamente, molti cittadini scesero in piazza sventolando bandiere tricolore. Ezio Cesarini, giornalista de “il Resto del Carlino”, improvvisò un comizio in Piazza Maggiore e dopo di lui parlò lo scrittore Antonio Meluschi.  Antifascisti entrarono nella torre dell'Arengo ed azionano il grande battaglio del campanone. Un gruppo di manifestanti invase lo stadio, il Littoriale, abbattendo in parte il monumento equestre di Mussolini. In città non vi furono atti di violenza nei confronti dei fascisti.

A Budrio, un aderente al Partito fascista annottava sul suo diario:

28 luglio - E' stato tolto dalla casa della Partecipanza il ricordo marmoreo che ricordava la sede del 1 ° Fascio di Budrio.

29 luglio - E' stato tolto il ricordo marmoreo murato nella casa del Credito Romagnolo nel locale della quale fu fondato il Fascio di Budrio il 5 aprile 1920.

31 luglio - Si tolgono tutte le insegne del fascio littorio nella facciata della Casa del Fascio e dentro la stessa. Viene pure tolta la lapide  che ricordava la conquista dell’impero...

1 agosto - Dall’annuncio delle dimissioni di Mussolini nessun incidente fino ad oggi si è verificato all’infuori di qualche scambio di parole animate subito placate.

Il 27  luglio 1943 a Campegine i Cervi insieme ad altre famiglie del paese, portarono la pastasciutta in piazza, nei bidoni per il latte.  C’era la fame, ma c’erano anche la voglia di uscire dall’incubo del fascismo e della guerra, il desiderio di “riprendersi la piazza” con un moto spontaneo, dopo anni di adunate a comando e di divieti.

Alla fine degli anni Ottanta si ebbe la felice intuizione di riproporre l’antico gesto della famiglia Cervi e nacquero le “pasta asciutte antifasciste”.

Sappiamo che la storia seguì un corso diverso da quello sperato da molti italiani; molti mesi sarebbero ancora passati per arrivare alla fine della guerra, alla liberazione dall’occupazione nazista e alla fine della Repubblica sociale.

Sappiamo anche che dal 25 luglio (e dal seguente 8 settembre) molti italiani e italiane posero le basi per la costruzione della nostra democrazia attraverso la Resistenza.

 

Link utili:

https://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/cronologia-di-bologna/1943/si_diffonde_la_notizia_della_destituzione_di_mussolini

https://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/cronologia-di-bologna/1943/manifestazioni_dopo_la_caduta_del_fascismo

https://www.storiaememoriadibologna.it/archivio/eventi/caduta-del-fascismo-0

https://www.raicultura.it/storia/articoli/2019/01/La-caduta-di-Mussolini-c6998b9a-ac1c-4e34-82c0-6d09e7cab937.html

 

 

 

 


Cau: numeri positivi a Budrio e in Regione. Il comunicato del centrosinistra

La riforma dell’emergenza-urgenza ha ridotto i tempi di attesa e avvicina i servizi ai cittadini

Sì è tenuto martedì sera l’incontro pubblico, promosso dal Comune di Budrio, per aggiornare la cittadinanza sui risultati del CAU (Centro assistenza urgenze) dell’ospedale di Budrio. Era un impegno preso pubblicamente a ottobre dall’assessore regionale Donini e dalla sindaca Badiali durante l’assemblea di presentazione del progetto, ed è stato rispettato.
I numeri presentati e la realtà delle cose ci consegnano alcune considerazioni sulla situazione regionale e quella di Budrio:
  1. I dati confermano la bontà della scelta di istituire il Cau nella nostra realtà: lo dimostrano i tempi di attesa crollati sotto le due ore (in media), mentre tutti ricordiamo le attese infinite in quello che era il Pronto soccorso.
  2. La riduzione dei medici di emergenza sta desertificando le strutture di Pronto soccorso in tutta Italia, oppure costringe a privatizzare i servizi appaltandoli all’esterno. In Emilia-Romagna invece si è evitato il tracollo attraverso questo progetto che coinvolge positivamente i medici di continuità assistenziale (guardia medica). I Cau sono già 30 in tutta tutta la regione e diventeranno 50 a fine anno.
  3. In un ospedale come quello di Budrio, questo significa riuscire a dare risposta con il Cau a quasi il 90% di coloro che già si recavano al Pronto soccorso, ma con tempi d’attesa imparagonabili a prima.
  4. Nell’incontro pubblico dell’ottobre scorso, molti cittadini avevano espresso preoccupazioni legittime per questi cambiamenti. Serpeggiava anche il timore di un indebolimento dell’ospedale che - dicevano alcuni - avrebbe potuto portare alla sua chiusura. Le cose stanno andando nella direzione esattamente opposta.
  5. La struttura di Budrio si consolida e si rafforza come ospedale per acuti, con un maggiore presidio notturno nella medicina interna e un aumento di attività nella chirurgia.
  6. Proprio il progetto di Week surgery (chirurgia con dimissione in settimana) realizzato insieme al Sant’Orsola compie 10 anni in queste settimane. È grazie a quella scelta se in questi anni l’ospedale ha acquisito una centralità metropolitana e un’identità definita, sapendo rispondere ai bisogni di migliaia di pazienti e sfoltendo in modo importante le liste di attesa di chirurgia.
  • Nel bolognese e in regione rimane un grande tema problematico: quello delle liste di attesa per le prestazioni diagnostiche, specialistiche e strumentali. Purtroppo stiamo ancora pagando l’impatto del Covid sull’organizzazione dei servizi sanitari.
È molto positivo che la Regione stia definendo un importante piano di azione, per abbattere le liste di attesa e affrontare di petto una situazione che costringe sempre più persone a rivolgersi al settore privato per prestazioni differibili o non urgenti. Nei prossimi mesi questo piano verrà diffuso e presentato pubblicamente.
Budrio Più
Demos - Democrazia Solidale
Partito Democrativo
Verdi

Il punto sulla politica budriese, dopo la spaccatura del gruppo di opposizione

REDAZIONE

Lo scioglimento dell’opposizione consiliare con la divisione in due gruppi distinti tra civici e Fratelli d’Italia è, secondo noi, decisamente un fatto politico che non si può sminuire o raccontare come qualcosa di positivo.
  • Nasce quindi il gruppo di Fratelli d’Italia e questo segna la fine dell’esperienza di questo sedicente civismo. Si conferma, una volta di più, che i partiti politici esistono, hanno un peso e un’importanza e sono – ne siamo convinti da sempre – un elemento fondamentale per la vita democratica, anche a livello locale. Ci raccontavano che “destra e sinistra non esistono più”. Ecco la dimostrazione del contrario.
  • Si conferma ciò che è stato certificato dal voto amministrativo del 2022. Non c’era nessun progetto per Budrio e il collante che teneva insieme la compagine era l’obiettivo di fare “numero”in opposizione al centro sinistra.
Quanto avvenuto è anche l’occasione per alcune considerazioni più ampie sulla situazione politica in paese:
  • L’azione amministrativa di giunta comunale e gruppo di maggioranza, sta ponendo le basi per obiettivi e risultati importanti per il futuro del territorio e della nostra comunità.
  • La ricostruzione della macchina comunale, dopo anni di impoverimento e smantellamento organizzativo, richiede tempo e impegno. Sappiamo bene che ancora non si è conclusa e che la complessità di un comune come il nostro richiede ulteriori rafforzamenti di organico e competenze.
  • Nel primo anno e mezzo di mandato è stata affermata un’autorevolezza nuova nei tavoli sovracomunali e nelle relazioni con le altre istituzioni. Questo rimette Budrio al centro di un territorio e ci permette di sfruttare occasioni importanti, dopo anni di passaggi a vuoto.
  • Ne sono un esempio le tante risorse intercettate e attratte dall’esterno per interventi straordinari. Ne abbiamo avuto conferma anche recentemente con l’assegnazione al Comune di Budrio di 15 milioni di euro per le ricostruzioni di opere pubbliche dopo la devastante alluvione del maggio 2023.
  • Il lungo elenco di opere, manutenzioni, iniziative e progetti messo in campo in questo inizio di mandato dà conto di un lavoro complesso, intenso e decisivo per far ripartire Budrio, valorizzare il patrimonio pubblico a partire dalle scuole e coinvolgere la comunità innanzitutto nella dimensione educativa e culturale.
  • Ulteriore segnale forte di impegno sui temi della solidarietà e del sociale è rappresentato dall’allargamento della giunta con rafforzamento dell’ambito di Scuola e Sociale, nonché della definizione di nuove deleghe.
Siamo consapevoli di non essere nemmeno a metà dell’opera, ma sono state gettate le basi per obiettivi e risultati che si raggiungeranno nei prossimi mesi e anni. Se da un lato sono visibili la compattezza, la costante presenza sul territorio e il lavoro di squadra della giunta e del gruppo di maggioranza Apriti Budrio, riteniamo un valore l’unità della nostra coalizione civica e politica del centrosinistra di Budrio. Continueremo a impegnarci in questa direzione e a monitorare e sostenere l’azione amministrativa.


Sono passati 80 anni dalla morte dei sette fratelli Cervi

REDAZIONE

Dicembre 27, 2023| comunità, storia|By REDAZIONE

Sette fratelli come sette olmi,
alti robusti come una piantata.
I poeti non sanno i loro nomi,
si sono chiusi a doppia mandata:
sul loro cuore si ammucchia la polvere
e ci vanno i pulcini a razzolare.
[…]
Ma tu mio popolo, tu che la polvere
ti scuoti di dosso
per camminare leggero,
tu che nel cuore lasci entrare il vento
e non temi che sbattano le imposte,
piantali nel tuo cuore
i loro nomi come sette olmi :
Gelindo,
Antenore,
Aldo,
Ovidio,
Ferdinando,
Agostino,
Ettore .
Nessuno avrà un più bel libro di storia,
il tuo sangue sarà il loro poeta
dalle vive parole,
con te crescerà
la loro leggenda
come cresce una vigna d’Emilia
aggrappata ai suoi olmi
con i grappoli colmi
di sole.
Gianni Rodari

LE TAPPE

28 dicembre 1943: “Dopo un raccolto ne viene un altro, bisogna andare avanti”.  (Alcide Cervi)

“Teste nuove” erano considerati i Cervi, nei dintorni; cioè gente che viene fuori ogni momento con qualche idea mai sentita. Come quella stalla modello, quell’abbeveratoio razionale, cose imparate sui libri: però la fattoria dei Cervi con tutte quelle idee nuove e tutte quelle schiene sempre al lavoro prosperava di bene in meglio, e l’allevamento di bestiame che misero su in pochi anni faceva invidia a tutti. […] Ecco i loro sette volti, magri, ostinati, forti: Gelindo, che già pare un uomo d’una generazione più anziana, e il taciturno Antenore, il più Intelligente di tutti mi dicono, e l’affilato volto di Aldo, il coraggioso militante, e l’industrioso Ferdinando. l’apicultore e lo svelto Agostino quello che sbrigava tutte le pratiche annonarie della famiglia e Ovidio, il più allegro di tutti, e Ettore, ancora ragazzo. […] Scrivete questo, dice Alcide Cervi, “dire uno era come dire sette e dire sette era come dire uno”.

Così Italo Calvino su “l’Unità” il 28 dicembre 1953.

Nove erano i figli di Alcide Cervi e di Genoeffa Cocconi: 7 fratelli e due sorelle, Rina e Diomira, che, come da tradizione, al matrimonio lasciarono la casa paterna. Poi nella grande casa entrarono le mogli e la compagna di 4 dei fratelli, e la famiglia si arricchì di 10 bambini e bambine ed uno era in arrivo nel 1943.

Genoeffa era la resdòra, la reggitrice, una donna forte ed attiva, figura fondamentale per la famiglia e per i figli ai quali aveva insegnato l’importanza  della cultura, della curiosità e il piacere della lettura.

La vita della famiglia Cervi si intrecciava, inevitabilmente con la storia del nostro Paese.

 

25 luglio 1943

“Il 25 luglio eravamo sui campi e non avevamo sentito la radio. Vengono degli amici e ci dicono che il fascismo è caduto, che Mussolini è in galera. È festa per tutti. […] Papà – dice Aldo- offriamo una pastasciutta a tutto il paese. […] Facciamo vari quintali di pastasciutta insieme alle altre famiglie. Le donne si mobilitano nelle case intorno alle caldaie, c’è un grande assaggiare la cottura, e il bollore suonava come una sinfonia. Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore. Guardavo i miei ragazzi che saltavano e baciavano le putele e dicevo: – Beati loro, sono giovani e vivranno in democrazia.

Alcide Cervi ricordava in questo modo la prima “pastasciutta antifascista”, nata per festeggiare la caduta del regime fascista e per esprimere la speranza di una pace immediata.

Come è ben noto le vicende si svolsero in modo ben lontano da quello sperato: la guerra continuò, l’8 settembre 1943 l’Italia rese noto l’armistizio firmato qualche giorno prima a Cassibile e Benito Mussolini confermò la sua stretta vicinanza ed alleanza con il regime nazista fondando la Repubblica sociale.

Iniziarono i primi atti di Resistenza e casa Cervi, sul podere dei Campirossi, tra Campegine e Gattatico, divenne un rifugio per i soldati che fuggivano dai diversi fronti e per i partigiani. I fratelli Cervi alla fine del settembre 1943 salirono sull’Appennino reggiano dove fecero le prime azioni militari, disarmando il presidio fascista di Toano (25 ottobre), poi rientrano in pianura, dove compiono un’altra azione di disarmo al presidio di S. Martino in Rio (6 novembre). (https://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/POLIGONO%20DI%20TIRO,%20REGGIO%20EMILIA,%2028.12.1943.pdf)

 

25 novembre 1943

Un plotone di militi della Guardia Nazionale Repubblica circondò l’abitazione dei Cervi, dopo una breve resistenza dall’interno della casa, i fascisti appiccarono il fuoco a stalla e fienile mettendo in pericolo anche le donne e i bambini. Gli assediati decisero di arrendersi e furono arrestati i sette fratelli, il padre Alcide, Quarto Camurri di Guastalla e gli altri uomini ospitati in casa.

 

28 dicembre 1943

Il 27 dicembre venne ucciso il segretario comunale di Bagnolo in Piano (RE), Davide Onfiani: i fascisti decisero di compiere una vendetta e il giorno successivo al Poligono di Tiro di Reggio Emilia furono fucilati i sette fratelli e Quarto Camurri. Le loro salme furono tumulate di nascosto.

Alcide rimase in carcere sino al 7 gennaio 1944 ignorando la sorte dei figli.

Con la moglie, le quattro nuore e dieci nipotini riprese a lavorare per ricostruire la casa e condurre la terra.

Il 10 di ottobre 1944 i fascisti tornarono e distrussero quel che i Cervi avevano ricostruito.

Il 14 novembre 1944 Genoeffa morì a 68 anni stroncata dal dolore.

Solo nell’ottobre 1945 fu possibile dare degna sepoltura alle salme dei sette fratelli

Il 7 gennaio 1947 il presidente della Repubblica Enrico De Nicola consegnò ad Alcide Cervi sette Medaglie d’argento al valore militare.

 

LA MEMORIA

Alcide divenne la memoria dei suoi figli, affiancato poi dai nipoti: erano in molti ad andare a Campegine, accolti a casa Cervi, per ascoltarlo: Gassman racconta i fratelli Cervi, 1963 

https://www.raiplay.it/programmi/gassmanraccontaifratellicervi

La vicenda dei Sette fratelli è stata per molti versi emblematica: il 7 luglio 1960, nel corso di una manifestazione indetta a Reggio Emilia per protestare contro il governo Tambroni, furono uccisi cinque lavoratori e l’anno successivo Fausto Amodei scrissee una canzone in cui si legano questi caduti alla memoria dei fratelli Cervi: “Sangue del nostro sangue nervi dei nostri nervi /Come fu quello dei Fratelli Cervi”.

 

Un altro momento decisivo nella costruzione della memoria dei Cervi è l’uscita, nel 1968, del film di Gianni Puccini I sette fratelli Cervi, https://www.youtube.com/watch?v=ztLR6n2Vzm8.

Ora casa Cervi è un luogo di memoria, di conoscenza e impegno. (https://www.istitutocervi.it/istituto-alcide-cervi/)

 

Per saperne di più

  • I miei sette padri (Documentario, regia di Liviana Davì, 55′, 2023) https://youtu.be/d9fJzqkoZ44?si=jcZem40euVqOjtBW
  • Alcide Cervi, I miei sette figli, (a cura di Renato Nicolai), Editori Riuniti, Roma 1955;
  • Margherita Agoleti Cervi, Non c’era tempo per piangere, CGIL 1994;
  • Laura Artioli, Con gli occhi di una bambina. Maria Cervi, memoria pubblica della famiglia, Viella, Roma, 2020.


Ricordate gli errori sull'autonoma sistemazione di 3 anni fa? Stavolta sono state fatte le cose per bene

REDAZIONE

Ottobre 25, 2023| comunità|By REDAZIONE

Il Comune di Budrio ha appena comunicato che saranno erogati i contributi alle famiglie per l’autonoma sistemazione post-alluvione.

Si tratta di un aiuto, non grandissimo ma utile, per chi è dovuto uscire di casa dopo l’allagamento, facendosi carico della propria sistemazione, non potendo contare su alternative presso parenti, amici o altre abitazioni di proprietà.

Tre anni fa il Cas (Contrinuto autonoma sistemazione) fu oggetto di polemica per la pessima gestione che ne fece la Giunta Mazzanti, dopo l’alluvione del novembre 2019. Errori tecnici nell’ordinanza di sgombero, interpretazioni sbagliate del decreto della Regione, chiusura totale del Comune che non voleva ammettere gli errori e non voleva fare marcia indietro.

Per un veloce ripasso, avevamo seguito la vicenda QUI e QUI.

Oggi c’è un’Amministrazione comunale che fa le cose in modo normale e non ci sono scherzi o beffe per chi ha già dovuto subire il disastro dell’alluvione. Il contributo sarà quindi realmente proporzionato al periodo di “autonoma sistemazione” fuori da casa.

Dunque, seguendo il Decreto del commissario n. 74 del 28.05.2023 e con la determina della Responsabile Servizi alla Persona, è stato approvato l’elenco degli ammessi e degli esclusi al Contributo di Autonoma Sistemazione. Viene anche disposta la liquidazione dello stesso contributo agli aventi diritto per il  periodo maggio-luglio 2023.

A volte ciò che sembra ordinaria amministrazione ha una ricaduta importante sulla vita delle persone. Casi come questo dimostrano che il lavoro amministrativo e la guida di una comunità non si improvvisano, ma richiedono competenza, applicazione e sensibilità.


L'ospedale non chiude ma si rafforza. Tutti gli aggiornamenti

REDAZIONE

Ottobre 17, 2023| comunità|By REDAZIONE

Partiamo da una premessa fondamentale: per scelte del governo (e dei governi) mancano 4 miliardi al Servizio Sanitario Nazionale. Ma soprattutto manca personale medico in tutta Italia, soprattutto di emergenza-urgenza. Se non si vuole svuotare del tutto o addirittura chiudere i presìdi territoriali, va cambiata l’organizzazione dei Pronto Soccorso, guardando a cosa servono e quali pazienti accolgono.

Nasceranno 66 CAU in Regione (Centri di Assistenza alle urgenze). I medici di pronto soccorso si concentreranno negli ospedali più grandi. Nei CAU lavoreranno i medici di continuità (guardie mediche) insieme agli internisti dell’ospedale.

Anche a Budrio, quindi, il Pronto Soccorso diventa CAU (Centro di Assistenza alle urgenze). Il 95% degli attuali accessi al PS saranno gestiti dal nuovo CAU (gli altri, già oggi, sono inviati alle strutture adeguate di alta complessità). Ci saranno quindi le stesse prestazioni per i codici bianchi, verdi e azzurri (che oggi sono il 95%) ma con più medici.

Questi cambiamenti non ci fanno paura ma vanno monitorati passo dopo passo. A inizio 2024 ci sarà un altro appuntamento pubblico per verificare i primi risultati del CAU.

In realtà, l’ospedale di Budrio si rafforza con la medicina interna e la chirurgia per la quale si amplia la collaborazione con Sant’Orsola e Rizzoli. Un altro passo avanti, dopo il successo del progetto sulla chirurgia iniziato 10 anni fa.

Riportiamo qui la nota dell’Amministrazione comunale sull’incontro pubblico di sabato 14 ottobre.

Nella mattinata di sabato 14 ottobre, presso la Sala Ottagonale delle Torri dell’Acqua di Budrio, ha avuto luogo un incontro con la cittadinanza per approfondire il tema dell’ospedale di Budrio ed in particolare della conversione del Pronto Soccorso in Centro di Assistenza delle Urgenze (CAU), elemento che si inserisce nel più ampio contesto della riforma della rete emergenza-urgenza in Emilia-Romagna.

Hanno preso parte alla discussione:
• Debora Badiali, Sindaca di Budrio
• Raffaele Donini, Assessore Regionale alle politiche per la salute
• Paolo Bordon, Direttore AUSL Bologna
• Chiara Gibertoni, Direttrice Aosp Sant’Orsola
• Anselmo Campagna, Direttore Istituto Ortopedico Rizzoli
• Matti Altini, Responsabile ospedaliero RER
• Antonio Pastori, Responsabile 118 RER
• Luca Baldino, Direttore generale assessorato alla sanità RER

Un caposaldo dal quale si è sviluppato l’intero incontro, come affermato dalla Sindaca Badiali, è che l’ospedale di Budrio continuerà ad essere un ospedale a tutti gli effetti, non è destinato alla chiusura né al depotenziamento. Anzi tutt’altro.

“Si conferma il disegno che si è definito ormai dieci anni fa tra medicina interna e chirurgia. In quel disegno l’ospedale si è rafforzato e si rafforzerà come struttura per acuti con il consolidamento della medicina interna e con l’avanzamento della chirurgia con il Sant’Orsola di media e bassa complessità.”

La Sindaca ha poi sviluppato una riflessione sui tre punti da cui partire per capire perché vengono istituiti i CAU e sul loro funzionamento.

1. Diminuiscono i medici di pronto soccorso e vengono concentrati nelle strutture più attrezzate dove arrivano i casi più complessi.
2. La grandissima parte (il 95%, come approfondito di seguito) di chi arriva oggi in un pronto soccorso come quello di Budrio continuerà ad accedere al CAU e a ricevere assistenza.
3. Il cambiamento non ci fa paura ed è necessario per salvare il sistema dell’emergenza-urgenza. Il progetto verrà seguito quotidianamente, anche per assestarlo e affinarlo in corso d’opera e per verificare quali effetti avrà.

La conversione del Pronto Soccorso in CAU rientra quindi di una più ampia riforma della rete emergenza-urgenza che si sta realizzando in Emilia-Romagna per far fronte alle due criticità più grandi che l’intero Paese sta affrontando:
• il sottofinanziamento della sanità, mancano 4 miliardi di euro l’anno a questo settore;
• la difficoltà a reperire medici e personale sanitario, in particolare nell’ambito dei Pronto Soccorso.

La risposta a queste criticità la danno dunque i CAU, ma come sottolineato da Luca Baldino, Direttore generale della sanità RER, un altro elemento di novità sarà l’attivazione, entro la prima metà del 2024, del numero unico 116117, a cui ci si dovrà rivolgere per essere indirizzati nella giusta struttura a seconda della necessità del singolo paziente. Le richieste verranno gestite da tre centrali in tutta la regione, con gli stessi standard del 118, e risponderanno a tre necessità:
• prenotazione di uno slot presso il CAU;
• risoluzione direttamente al telefono delle problematiche più basiche;
• attivazione del servizio di intervento a domicilio.

A supportare con dati e numeri la direzione che si è deciso di intraprendere è stato Paolo Bordon, Direttore AUSL Bologna: nel 2022 il 96% degli accessi al Pronto Soccorso è stato effettuato per interventi di bassa complessità, trend confermato anche fino al mese di settembre 2023, con il 95% di interventi di questa tipologia.

Il CAU presso l’ospedale di Budrio sarà aperto 7 giorni su 7, 24 ore su 24, per le seguenti prestazioni:
• visita medica;
• certificazioni;
• trattamento farmacologico al bisogno;
• prescrizione di terapia per patologie di nuova insorgenza o terapie essenziali;
• procedure chirurgiche minori (per esempio, suture, medicazioni);
• prelievo per indagini di laboratorio – POCT;
• osservazione post-trattamento;
• attivazione di percorsi/prestazioni a completamento dell’iter diagnostico.

Inoltre Bordon ha sottolineato il potenziamento a cui si andrà incontro dal punto di vista del personale. Saranno infatti presenti due medici durante il giorno (attualmente ce n’è solo uno) e durante le ore notturne è prevista la presenza di un ulteriore medico nella medicina interna (anche in questo caso attualmente non è previsto).

Un altro elemento di primaria importanza è il rafforzamento della chirurgia. Come confermato con soddisfazione da Chiara Gibertoni, Direttrice Aosp Sant’Orsola, e Anselmo Campagna, Direttore ospedale Rizzoli, proseguirà la collaborazione con le due strutture per quanto riguarda gli interventi di chirurgia di media-bassa complessità, fondamentale per valorizzare la struttura budriese e il suo personale e allo stesso tempo per decongestionare le liste d’attesa nei due ospedali bolognesi. A Budrio, quindi, due eccellenze internazionali lavoreranno nel nostro ospedale. È la direzione opposta di un depotenziamento o di una chiusura.

Il ruolo chiave sul territorio dell’ospedale di Budrio è stato sottolineato inoltre da Mattia Altini, Responsabile ospedaliero RER, che ha rimarcato come il mondo della medicina cambi molto velocemente e con professionalità sempre più specifiche. Questo impone un mutamento per tutelare i bisogni della comunità in un contesto il più moderno possibile.

Cambiamenti necessari per confermarsi una regione all’avanguardia anche per Antonio Pastori, Responsabile 118 RER, il quale ha ricordato che l’Emilia-Romagna è stata la prima nel 1990 ad istituire il 118; negli anni sono state costruite centrali operative di area omogenea che hanno consentito di sviluppare il servizio di elisoccorso anche in notturna e che hanno inoltre permesso di sviluppare competenze multiprofessionali di tutto il personale.

Nelle conclusioni Raffaele Donini, Assessore Regionale alle politiche per la salute, ha sottolineato che ora la nuova sfida è la riforma dell’emergenza-urgenza, cioè la strada che la Regione Emilia-Romagna ha scelto per evitare desertificazioni e privatizzazioni che stanno già avvenendo in alcune regioni italiane.

L’assessore, rispondendo anche a interrogativi e domande poste dal numeroso pubblico presente in sala, sintetizza così gli obiettivi da raggiungere:
• dare risposta alle esigenze in minor tempo;
• potenziare il 118;
• rinnovare flotta dell’elisoccorso, aumentare i voli e le piazzole di sosta.

Dunque nessun depotenziamento e nessuna chiusura, anzi la struttura budriese vedrà:
• il consolidamento della chirurgia,
• la conferma della caratteristica di ospedale per acuti con la medicina interna,
• la risposta 24 ore al giorno alle urgenze (oltre il 90% degli accessi attuali al Pronto soccorso),
• il mantenimento dell’auto medica.

In conclusione la sindaca Badiali e l’assessore Donini si sono presi l’impegno di rivedersi a inizio 2024 nuovamente in sede pubblica per dare conto di questi primi mesi di attività della riforma, verificarne l’andamento approfondendo gli aspetti positivi e quelli più complessi.


Pronto Soccorso e riforma dell'emergenza-urgenza. Il volantino del centrosinistra di Budrio

REDAZIONE

Ottobre 11, 2023| comunità, politica|By REDAZIONE

OSPEDALE DI BUDRIO, I CITTADINI HANNO BISOGNO DI CHIAREZZA E VERITÀ

Amministrazione comunale e Regione sono impegnate per questo. Facciamo il punto.

TRE INFORMAZIONI FONDAMENTALI:

  1. La Regione Emilia-Romagna è l’istituzione competente in materia di sanità. Sta lavorando a una riforma del settore dell’emergenza/urgenza perché – come in tutta Italia – sta venendo a mancare il personale medico principalmente di primo intervento, quello paramedico necessario, così come le risorse finanziarie. Su questo sarebbe molto utile che i rappresentanti di Fratelli d’Italia presenti in Consiglio Comunale intervenissero presso i deputati del loro partito per far avere all’Emilia Romagna le risorse arretrate che ancora le spettano come rimborso per spese Covid, non preventivate, e per spese legate agli aumenti dei costi dell’energia.
  2. L’Ospedale di Budrio verrà toccato dalla riforma. Il Pronto Soccorso diventerà un CAU, cioè un Centro di Assistenza Urgenza: ne verranno fatti 66 in regione grazie alla collaborazione dei medici di continuità assistenziale-guardia medica. Darà risposte 24 ore su 24 a quelli che oggi sono codici bianchi e verdi. Attenzione: dei circa 15.000 ingressi al Ps registrati nel 2022, questi codici sono oltre l’80%. Per gli altri, già oggi, l’intervento più appropriato è quello del 118 e dei Pronto Soccorso specializzati. Si prevede così una riduzione dei tempi di attesa. Anche l’auto medica non verrà meno, a disposizione 24 ore su 24. Cosa cambierà rispetto al servizio del Ps? Nella sostanza molto poco, se non l’impatto emotivo della novità che, come ogni cambiamento, va spiegata in profondità per essere compresa e accettata.
  3. La struttura ospedaliera di Budrio resterà centrale per questa parte di territorio di pianura. Oltre alla risposta 24 ore al giorno alle urgenze, si consolida l’attività della chirurgia, si mantiene la caratteristica di ospedale per acuti con la medicina interna, si conferma la presenza dell’auto medica.

 

ALCUNE CONSIDERAZIONI POLITICHE:

Dall’ex sindaco Mazzanti solo parole, soprattutto attraverso post su facebook che, dietro una pretesa di informazione trasparente, generano disorientamento e paure inutili e dannose. Parlare ancora una volta di chiusure, di impoverimento, di passi indietro significa fare propaganda sulla pelle dei pazienti e di coloro che fanno funzionare tutti i giorni la sanità pubblica. I budriesi, invece, hanno bisogno di concretezza, di parole chiare e di verità.

Ricordiamo quando 8-9 anni fa Mazzanti si scagliò contro il progetto di riorganizzazione della chirurgia dell’ospedale, diffondendo paure e falsità addirittura sulla chiusura dell’ospedale. Ricordiamo però anche come andarono le cose: non solo l’ospedale non ha chiuso, ma il progetto della chirurgia di media e bassa intensità ha funzionato (e funziona) molto bene, con numeri importanti che hanno abbattuto le liste d’attesa sul territorio e a livello metropolitano. Le sale chirurgiche vengono usate il più possibile e bisognerà sfruttarle sempre di più.

È fondamentale, secondo noi, che Regione e Azienda Sanitaria presentino pubblicamente il progetto, le sue motivazioni, le sue ricadute. Servono massima chiarezza e massima trasparenza, sapendo che l’obiettivo è rafforzare e non impoverire, far lavorare meglio i professionisti al servizio dei cittadini.

Riteniamo positivo e costruttivo il lavoro che sta svolgendo il nostro Comune, a partire dalla sindaca Badiali. Sulla sanità – come su altri temi – adesso Budrio c’è. Da un anno è presente ai tavoli in cui si discute e si decide, anche per far valere le proprie ragioni. Opporsi o puntare i piedi non serve a niente. È utile invece stare nel merito dei progetti. In questo modo, il lavoro della sindaca Badiali ha difeso temi fondamentali per il nostro ospedale, come l’operatività del CAU 24h, la presenza dell’auto medica e il consolidamento della chirurgia.

Su questo approccio non mancherà un sostegno diffuso tra la popolazione a questi cambiamenti. La riforma è necessaria se non vogliamo chiudere i Pronto Soccorso o desertificarli come sta succedendo in diverse regioni (non solo al sud) per mancanza di personale e di risorse. L’alternativa, infatti, è portare il sistema al collasso in breve tempo, con situazioni non più recuperabili. Perché questo è ciò che accadrebbe se, per mancanza di medici, si dovessero spostare quelli degli ospedali “periferici” in quelli della città per garantire le prestazioni di emergenza nelle situazioni più gravi e complesse.

Noi non vogliamo che i presidi si svuotino e chiudano.