Sui "rimborsi-truffa" post alluvione non ci fermiamo

Lo abbiamo fatto sapere in modo chiaro a Mazzanti e Capitani: Budrio Più e il Partito Democratico non si fermeranno finché la questione del Cas non sarà risolta.
Nelle scorse settimane abbiamo parlato più volte dei risarcimenti Cas post rottura argine del fiume Idice, del novembre 2019.

Abbiamo riassunto tutti gli interventi, gli articoli usciti sul giornale e i documenti/atti degli enti in un articolo.
Cos’è il Cas?
È il Contributo per Autonoma Sistemazione per le vittime di alluvioni.
 
Come nasce?
Grazie a un decreto regionale, sono state stanziate ingenti risorse per garantire un contributo economico a chi ha dovuto lasciare la propria abitazione per un lungo periodo a causa dell’alluvione del fiume gli dice, avvenuta nel novembre 2019.
Come funziona?
Il decreto indica nel comune il soggetto che deve gestire questa pratica semplificata, per poi trasmettere la documentazione alla regione che provvede al finanziamento. Alle singole famiglie è stato richiesto l’impegno di auto dichiarare il periodo di permanenza lontano da casa: sulla base di questo periodo si sarebbe dovuto calcolare l’importo del contributo spettante a ogni famiglia. Così è scritto chiaramente nel decreto (parliamo, per esempio, di 700 euro per famiglie di 3 persone, per ogni mese di autonoma sistemazione).
E i controlli sulle dichiarazioni?
Parliamo di una dichiarazione formale che i cittadini colpiti hanno firmato e consegnato all’autorità, sotto la propria responsabilità penale. Infatti, il decreto consente queste autodichiarazioni, ma richiede che il Comune faccia controlli a campione (almeno il 50%). Questi controlli non sono mai stati fatti.
 
Come vedete, si tratterebbe di una procedura semplificata, oltreché lineare e veloce.
 
I contributi alle famiglie sono stati miseri, in quanto sono sono stati calcolati sui nove giorni, cioè la durata dell’ordinanza di sgombero dell’area. Probabilmente, non avendo fatto i controlli, il Comune poteva certificare solo quel periodo. Ma non aveva previsto che con quella certificazione i contributi sarebbero stati una “truffa”.
 
In sostanza i cittadini hanno seguito puntualmente le indicazioni del decreto regionale. Il Comune no.

Per questo motivo, ci siamo mobilitati da subito.

 

Per questo motivo, ci siamo rivolti anche all’Assemblea Legislativa regionale, coinvolgendo il consigliere PD del territorio Giuseppe Paruolo.

 

Abbiamo quindi chiesto all’assessorato di riferimento (che gestisce questi fondi) una parola definitiva sulla vicenda che a noi appare molto chiara, come scritto sopra. Questo servirà a spingere a cambiare strada chi finora ha cercato di giustificarsi e nascondersi dietro la burocrazia, accusando di fatto la Regione.
 
 
A Budrio, quando qualcosa va storto, è sempre colpa di qualcun altro. Ma anche stavolta è evidente che non è possibile addossare colpe alla Regione, che ha chiaramente reso l’iter burocratico semplice e immediato.
Fatto sta che, oggi, ci sono 30 famiglie defraudate per migliaia di euro. Se non ci fossimo mobilitati noi, le cose sarebbero rimaste ferme così in quanto il Comune ha già più volte dichiarato che per i suoi uffici era già stato fatto tutto e bene.
 
Noi chiediamo semplicemente che il Comune si assuma la responsabilità di azzerare tutto e chiedere di fare ripartire l’iter del decreto che, fino a oggi, non è stato capace di seguire. Solo così si potrà far avere a quelle famiglie le somme che gli spettano.
 
A metà gennaio è arrivata la risposta della Regione Emilia-Romagna all’interrogazione presentata dal consigliere regionale PD Giuseppe Paruolo (si può leggere cliccando qui) che dà ragione alle cose che abbiamo sostenuto in questi mesi.