Perché Mazzanti sul teatro di Budrio non dice (tutta) la verità.

Abbiamo letto recentemente alcune dichiarazioni del Sindaco Mazzanti sullo stato di avanzamento lavori riguardanti la riapertura del teatro di Budrio, sui costi di gestione dello stesso (equivalenti, secondo il Sindaco, sia con la struttura aperta che chiusa), sia sull’iter e sui tempi che dovrebbero portare alla riapertura della struttura.
Ebbene, noi crediamo che alcune di queste dichiarazioni debbano essere sottoposte a un rigoroso fact checking: non tutti hanno gli strumenti per comprendere nel dettaglio i meccanismi della pubblica amministrazione e non si può far leva su questo per continuare (dopo 365 giorni) a lanciare dichiarazioni omissive, parziali e incomplete.
 

Andiamo con ordine: i costi.

 
Affermare che tenere una struttura chiusa non comporti “praticamente”dei risparmi per l’ente è inesatto: costi come il riscaldamento, la luce, l’acqua, le pulizie, le piccole manutenzioni non siano rilevanti in una struttura complessa come il Teatro di Budrio é una bugia. Sono somme che se sommate raggiungono svariate migliaia di euro (forse decine di migliaia): quantitativi che acquistano ancora più importanza se consideriamo che da mesi va avanti una querelle su come finanziare il progetto definitivo/esecutivo della ristrutturazione. E questi sono costi che ci sono se la struttura é aperta, non ci sono in caso contrario.
 
Certamente é vero che un dipendente pubblico a tempo indeterminato rappresenta un costo per l’ente sia che venga utilizzato dentro al teatro sia che debba passare ad altro incarico perché la struttura è chiusa. C’è anche da dire che nelle competenze di un’amministratore ci deve essere anche la capacità di saper riutilizzare il personale in altri settori, riducendo esternalizzazioni ed esternalità negative, rendendo un plus valore il poter contare sul personale in più: in poche parole, se tolgo il personale dai centri di costo del teatro e lo metto in altri centri di costo dell’ente, questi ne traggono beneficio.
 

L’esame di progetto: 6 mesi?

 
Il Sindaco afferma che un incarico per l’esame progetto è stato dato pochi giorni dopo la chiusura della struttura e che, consegnato ai Vigili del fuoco ad aprile, sono passati sei mesi per una risposta: sono i tempi massimi di legge. Sicuramente in altri enti (anche alcuni limitrofi al nostro territorio) questa procedura è avvenuta in tempi più stretti. Dipende anche dalla necessità di integrare o meno il materiale consegnato, ad esempio, giusto per fare un’ipotesi. In poche parole: ci possono volere sei mesi, ma possono esserci tempi più contenuti.
 
Cogliamo poi l’occasione per ribadire per la milionesima volta che l’unico atto formale compiuto fino a qui (esame progetto) dall’amministrazione Mazzanti – dopo aver chiuso improvvisamente il Teatro – é frutto di un incarico per il quale Mazzanti non ha messo un euro, essendo somme stanziate da Pierini nel 2012 ma non utilizzate immediatamente. Fino a qui i “civici” tutto quello che ci hanno messo sono 1.800 euro dati ai Vigili del Fuoco per valutare l’esame progetto. Oltre per l’aspetto economico, lo diciamo per sottolineare come venga meno, ancora una volta, la bruttissima storia del “abbiamo scoperto oggi la situazione del Teatro”.
 

Il vero nodo: la riapertura promessa per il novembre 2020

 
Lasciamo perdere, almeno per oggi, il tortuoso iter che ha portato al reperimento dei fondi per finanziare la progettazione esecutiva/definitiva (anche se sarebbe interessante sapere in che misura, sulle cifre ipotizzate dal Sindaco stesso, queste provengano dal privato) e su come in un bilancio comunale di decine di milioni di euro non si siano mai trovati 30/40.000 euro per finanziare la progettazione direttamente come ente (tanto che le variazioni di bilancio ci sono state, e hanno riguardato altro. Verrebbe da dire: è stato SCELTO di fare altro, allungando i tempi).
 
Concentriamoci invece sulla dead line del novembre 2020. Partiamo da quello che dovrebbe essere l’iter per arrivare alla riapertura: innanzitutto bisogna avere il progetto esecutivo pronto. Poi bisogna preparare la gara d’appalto e farla definitivamente partire. Da quel momento partono 30/45 giorni di gara. Svolta la gara si aprono le buste per valutare offerta economica/migliorie (etc, etc). Una commissione composta da personale interno ed esterno normalmente arriva ad una aggiudicazione provvisoria nel giro di un mesetto stringendo sui tempi. Da lì parte il periodo di standstill (più di un mese) in cui ci possono essere eventuali ricorsi da parte delle ditte che non si sono aggiudicate la gara. Solo al termine di questo periodo può essere fatta l’aggiudicazione definitiva.
 
Piccola nota: non abbiamo contato in questo periodo quelli che potrebbero essere i tempi per un eventuale soccorso istruttorio in caso di gara, così come non abbiamo contato un eventuale ricorso a un parere della Soprintendenza durante la fase progettuale.
La Soprintendenza normalmente risponde in alcuni mesi.
 
Già così però ci pare evidente che stringendo i tempi all’osso, una gara in partenza nella primavera del 2020 arriverebbe al termine nell’estate inoltrata del 2020. Senza contare che quando avviene un’aggiudicazione definitiva il cantiere non comincia il giorno dopo: il cantiere inizia ragionevolmente una volta consegnato alla ditta, tenendo contro che questa dovrà inserirlo in un calendario di lavori che ha già in essere (d’altronde è difficile calendarizzare un lavoro prima di essersi aggiudicarti una gara). E anche qui corrono le settimane.
 
Iniziato il cantiere, bisogna sperare che non ci siano intoppi: cose che però entro certi limiti possono sempre succedere come varianti di lavorazione, ritardi nelle forniture e inconvenienti di vario genere e tipo possono aggiungere un ritardo fisiologico ai tempi di un cantiere che non sappiamo ancora quanto dovrebbe durare (4, 5, 6 mesi?) nei suoi tempi base.
 
Una volta raggiunto il fine lavori poi bisogna necessariamente inviare una SCIA ai Vigili del Fuoco per poter organizzare la visita ispettiva che certifica i lavori svolti come come compatibili con quelli presentati nell’esame progetto.
 
Ecco: allo stato dei fatti nessuno può sapere con certezza quanti mesi ci vorranno.
E questo lo sa anche il Sindaco Mazzanti: che ha buttato lì una data che molto probabilmente si dovrà rimangiare dando la colpa alla burocrazia e alle lungaggini dei lavori. Una burocrazia legata al procedimento che oggi Mazzanti dovrebbe conoscere perfettamente e che forse finge di ignorare avendo già ben in mente quale sarà il prossimo capro espiatorio, quando a novembre il teatro difficilmente riaprirà.
 
Poi magari il sindaco ci sorprenderà, lo speriamo, e mentre tutti gli altri cantieri, una volta partiti subiscono ritardi, questo addirittura sarà più rapido. Magari.
 
A novembre quindi riaprirà il Teatro Consorziale di Budrio. Ci verrebbe da chiedere con quale programmazione, con quali competenze e professionalità comunali in campo, con che tipo di gestione e secondo quale progetto culturale. Abbiamo davanti a noi l’esempio delle Torri dell’Acqua: terminata la convenzione, chiuse per lavori e fondamentalmente mai più riaperte se non per eventi spot dell’amministrazione.