Vigorso 21 ottobre 1944 - Storia oltre che memoria

La memoria di ciò che è accaduto nelle comunità nell’arco degli anni è un collante fondamentale per definire i caratteri fondanti di un insieme di cittadini. Però, da sola, non costituisce un fondamento, se non supportata da elementi oggettivi e scientifici. Ci spieghiamo meglio: a volte la memoria può essere conflittuale, specie per quanto riguarda la nostra storia del Novecento e della seconda guerra mondiale, dove si consumò tra le altre cose una guerra civile (1943-1945). Ma cercando un aiuto nella storia le cose si “rimettono a posto”.

La Storia è una disciplina che richiede studio e applicazione, non si improvvisa, cosi come la scienza medica, la fisica, la botanica… Questa precisazione è fondamentale, anche se non sarebbe  in teoria necessaria, ma in un’epoca in cui tutti sono storici, medici, scienziati… ci è sembrato utile sottolinearlo. A Fiesso di Castenaso e a Vigorso di Budrio, il 21 ottobre del 1944, i nazifascisti compiono una strage di partigiani e civili (15 vittime) e il giorno dopo, il 22, giustiziano a Medicina, comune poco lontano, 8 presunti partigiani che hanno catturato durante l’operazione del giorno prima.

A Vigorso e Fiesso si è consumata una tragedia in cui le vittime sono da un lato combattenti volontari, partigiani uccisi durante uno scontro con l’esercito nazifascista ma anche civili, contadini passati per le armi per avere nascosto i partigiani. Tecnicamente, si potrebbero definire due operazioni distinte, un rastrellamento e una rappresaglia.

In realtà, e questa è un aspetto fondamentale, si tratta di un’unica azione che ha come obiettivo l’annientamento delle donne, degli uomini , dei bambini, indipendentemente dal ruolo che essi ricoprono. Questo, a settantasette anni dall’operazione, è il dato storico fondamentale: nella logica della “guerra totale” che le ideologie fascista e nazista hanno prodotto, non vi è differenza tra partigiani, massaie, vecchi, bambini, uomini abili o inabili al lavoro.

Violenze e deportazioni indiscriminate contro comunità territoriali e intere “razze”: atrocità che facevano parte dell’ideologia stessa di chi guidava le azioni dell’esercito tedesco e di chi, in quegli anni, lo ha sostenuto politicamente e militarmente, in mezza Europa e soprattutto in Italia dove il regime di Mussolini fu fino alla fine alleato della Germania nazista.

E’ la stessa logica che accomuna e caratterizza le stragi di civili di questo autunno-inverno del 1944, il più buio periodo della seconda guerra mondiale lungo la linea gotica e che oltre agli episodi di Vigorso e Fiesso – per cui i comuni di Budrio e Castenaso riceveranno nel 2006 la medaglia d’oro al valore civile dal Presidente della Repubblica – vede la strage di Monte Sole, la più efferata dell’Europa occidentale, con oltre 700 civili uccisi, e altri episodi terribili in Emilia-Romagna e non solo.

Quasi ottant’anni dopo, proprio in questi giorni, questi temi ritornano d’attualità, ma la memoria su questo non può essere divisiva: è solo confidando nella veridicità della ricostruzione storica che è possibile capire come l’aver sconfitto l’ideologia delle dittature nazifasciste ci ha salvato e consentito come cittadini dì vivere in un mondo libero.

I fatti di Vigorso di Budrio e Fiesso di Castenaso non hanno solo i caratteri della “strage” o del “rastrellamento”. Tecnicamente sono una vera e propria battaglia tra forze nazifasciste e partigiani, ma nell’episodio cadono anche civili, per mano dei tedeschi e in nome della guerra totale. Perciò non una vera e propria strage, né un rastrellamento, ma un episodio molto interessante che bene indica i caratteri di una guerriglia molto particolare come fu la Resistenza in pianura, con caratteri molto diversi dalla Resistenza di montagna. Il fatto che non fu “classificata” come strage lo indica anche l’atlante delle stragi in Italia, che è possibile consultare online.

Il giorno dopo, otto dei partigiani catturati durante la battaglia vennero giustiziati con l’onore delle armi a Medicina. Questo ci fa dire oggi, come storici, che questo episodio, non dobbiamo ricordarlo solamente come il sacrificio eroico di una comunità che resistette al nazifascismo, ma come un esempio di una guerra che vedeva fronti contrapposti, tra cui anche un esercito debole, minoritario, scarsamente equipaggiato, ma che, con l’aiuto di una rete di supporto, ha contribuito all’evolversi positivo di questa guerra. 

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