La vicenda di Ecowater a Prunaro e il caos procurato da chi ora amministra

La vicenda Ecowater di Prunaro è l’ennesima situazione in cui Mazzanti “scopre” di non sapere niente e fa l’eroe schierando il comune a difesa dell’ambiente, quando sta facendo semplicemente il suo dovere.

Lo fa dopo due anni dall’inizio del suo mandato, dopo aver licenziato dirigenti competenti e dopo aver lasciato “scappare” bravi funzionari, forse pensando che le conoscenze e le competenze si possano trovare sui banchi del mercato.
Questa è parte della risposta che Giulio Pierini ha dato ieri (qui il post completo)  alle accuse ricevute dal sindaco e dal sito dell’amministrazione comunale, riportate poi su alcune testate giornalistiche metropolitane.
 
Questo che segue vuole essere un approfondimento a tutela delle persone che negli anni si sono occupate della questione Ecowater.
 
Il tema è stato maldestramente utilizzato per accusare l’amministrazione precedente di inerzia, con insinuazioni, sospetti e una ricostruzione molto parziale dei fatti e degli atti.
 
Ecco cosa Mazzanti e il Comune di Budrio non hanno detto sulla vicenda:
 

Mazzanti ignorava colpevolmente

Mazzanti dice di aver scoperto la questione solo recentemente. Ma come? Solo nel 2016, all’approvazione del Rue, la situazione del sito era descritta nei documenti approvati in Consiglio comunale, documenti che non può non aver visto.
Sottolineo che a gennaio 2018 la dirigente del settore tecnico ha lasciato l’incarico per volontà del sindaco stesso. A quel tempo Arpae non aveva ancora fatto o inviato le analisi concordate nelle precedenti riunioni. Cosa è successo dopo? Cosa ha fatto il sindaco Mazzanti dopo quella data?
Quello che sappiamo è che i tecnici del comune sono andati in tribunale e in Arpae più volte per questo tema (anche durante il mandato Mazzanti): parlare del comune come se non avesse fatto niente è falso, grave e irrispettoso verso chi rappresentava il comune e verso chi ha lavorato sulla vicenda.
 

Totale correttezza del lavoro del comune (è nei documenti)

Mazzanti è sindaco da più di due anni e i suoi uffici sanno tutto: il materiale è ordinato cronologicamente nella stessa “cartellina” da anni. Gli consigliamo di leggere bene quel materiale e di confrontarsi con i tecnici attuali e passati dell’ufficio tecnico. Scoprirebbe che il comune ha fatto il suo dovere e non ha mai nascosto niente a nessuno. Se lo avesse fatto prima, avrebbe evitato figuracce e ricostruzioni parziali, allarmistiche e denigratorie, come quelle fornite ai cittadini ieri a mezzo stampa e due giorni fa in assemblea pubblica.
 

Costituirsi parte civile al processo?

Non era decisivo che il comune si costituisse parte civile nel processo contro la ditta che gestiva l’impianto per varie ragioni:
. la situazione era sotto il controllo di enti competenti;
. le indagini sui rifiuti e sul potenziale inquinamento erano ancora in corso, e comunque su un’area privata;
. l’azienda contro cui ci si sarebbe costituiti (per avere un risarcimento per danni) aveva 10mila euro di capitale, a fronte di una spesa per attività legali di diverse migliaia di euro.
Immagino che queste siano le stesse considerazioni che ha fatto l’attuale amministrazione comunale quando, nella primavera 2019, ha deciso di non costituirsi parte civile sulla questione “Asfalti al veleno”.
 

Il ruolo di Arpae

Innanzitutto va detto che Arpae non ha mai dato input nei suoi verbali e nelle sue note inviate anche al comune di informare la popolazione: si stava ancora studiando la situazione, la ditta non era ancora fallita e c’era un processo penale in corso. Questo per evitare innanzitutto allarmismi.
Arpae ha sequestrato il sito precauzionalmente, ma mancavano i dati per considerarlo un sito inquinato a tutti gli effetti. Il comune si è accordato con Arpa e la Provincia affinché una piccola parte dei 90.000 euro della fideiussione fossero destinati a fare una prima analisi dei rifiuti: sono state fatte queste analisi e i dati sono stati trasmessi ad Arpae con lettera ufficiale nell’estate 2016. Da lì il comune è rimasto in attesa dei passi successivi di Arpae. Questi documenti ufficiali, pubblici e rintracciabili in comune mostrano il lavoro e l’impegno dell’amministrazione comunale. Mazzanti decide però di ignorarli, lanciando accuse infondate a chi lo ha preceduto.
 

Le ulteriori analisi sull’impianto

Dopo questo passaggio si era convenuto con Arpae che si sarebbero dovuti fare ulteriori piezometri sull’area con relative analisi, in modo da poter usare la somma restante dai 90.000 euro per fare il piano di caratterizzazione del sito. Su queste azioni dovrebbe essere sicuramente più informato Mazzanti di me ed è giusto che lui informi i cittadini di ciò che ha fatto o non ha fatto il comune, avendo lui accesso ai documenti e ai verbali degli incontri.
 

La testimonianza del comune al processo contro la ditta

Un funzionario dell’ufficio ambiente del Comune di Budrio è andato in tribunale in udienza e ha spiegato tutta la vicenda dal punto di vista del nostro comune. Questo, già di per sé, dimostra che nessuno ci ha dormito sopra, ma il comune in realtà ha seguito la vicenda mettendoci la faccia nelle sedi competenti e senza mai nascondere nulla a nessuno.
 

Questione delicata da governare con gli altri enti, non in piazza

Se Arpae ha fatto ulteriori indagini e ha avuto valori peggiorativi, deve avviare il procedimento per approvare il piano di caratterizzazione, ma su questo Mazzanti dovrebbe informare i cittadini, ora che ha alzato il polverone.
Come in altri casi, siamo in presenza di una questione complessa e delicata che non si risolve con proclami di piazza o con una battuta su Facebook, utile solo a individuare nemici politici. Queste questioni vanno gestite bene, evitando di dire che non si sa niente quando tutti i documenti sono a disposizione del sindaco dal primo giorno del nuovo mandato. Pensavo che fossero servite a qualcosa le figuracce rimediate sul teatro: le tante versioni sulle motivazione della chiusura, l’ignoranza sugli atti ecc… Invece no.
 

DUE CONSIDERAZIONI GENERALI

 

Dal punto di vista tecnico

Allo stato delle cose è completamente sbagliato ipotizzare pubblicamente che ci sia un inquinamento a profondità di 15 metri e che questo tipo di situazione sia impossibile da bonificare. Dire queste cose in assenza di precisi esiti di rilevazioni è scorretto perché le variabili sui terreni sono tante e, in ogni caso, una bonifica è sempre possibile, anche se più complicata. Anche l’uso di questo linguaggio da parte di un sindaco e di un assessore è fuorviante, allarmistico e controproducente. Questo hanno fatto i nostri amministratori, che dovrebbero approfondire di più e meglio prima di avventurarsi in queste strumentalizzazioni. Se, invece, hanno dei dati li rendano noti.
 

Dal punto di vista politico

Ritengo gravissimo che la ricostruzione di Mazzanti sia stata così parziale, inutilmente allarmistica, senza dati di supporto, costruita ad arte per infangare chi lo ha preceduto. Lo sapevo già, lo conosco da troppo tempo e l’ho visto all’opera per 5 anni di opposizione e macchina del fango. Ma ora tutti hanno sotto gli occhi l’azione di un irresponsabile che, per coprire due anni di fallimenti, lancia accuse inaccettabili a me, agli amministratori e ai dipendenti comunali che hanno lavorato con me.
 
Nascono spontanee tre domande conclusive a cui dovrebbe rispondere Mazzanti, dopo aver sollevato così maldestramente il caso:
  1. Chi ha autorizzato (immagino negli anni ‘90) questo impianto di smaltimento di rifiuti pericolosi?
  2. Perché Mazzanti, invece di fare proclami in piazza e accuse infondate, non ha lavorato dal primo giorno per seguire la vicenda e fare in modo che gli enti competenti portassero avanti le procedure necessarie alla messa in sicurezza del sito?
  3. Un sindaco di questo tipo è in grado di guidare una macchina comunale complessa e una comunità ricca ed esigente? Un sindaco di questo tipo è abbastanza autorevole per rappresentare il comune nel rapporto fondamentale con le imprese private e con gli altri enti la cui attività ha un impatto importantissimo anche sul nostro territorio?
La prova che il sindaco Mazzanti abbia pensato più a gettare fango contro chi ha amministrato prima di lui al posto di gestire responsabilmente la vicenda viene data dal suo stesso gruppo consigliare e dal suo assessore alla cultura che, sul sito e su facebook decidono di pubblicare una foto che ben fa capire quanto perfino i suoi più stretti collaboratori abbiano completamente frainteso (usiamo un termine gentile) la vicenda.
Qui invece notiamo come il sindaco, accorgendosi che è ora di rimettere il dentifricio nel tubetto, cerca in qualche modo di salvare il salvabile (male).
Ci chiediamo, per quanto tempo dobbiamo continuare ad assistere a questa presa in giro delle Istituzioni e dei cittadini da parte di chi ricopre ruoli di guida della comunità. Pensiamo sia arrivata l’ora di finirla. Il Sindaco e il suo gruppo dirigente non sono all’altezza del ruolo che svolgono.
 
Qui trovate la risposta del sindaco a un’interrogazione fatta in Consiglio Comunale proprio su questo tema, come vedete, sui documenti ufficiali i toni e le parole sono molto diversi da quelli usati sui social per aizzare più contro qualcuno che per spiegare una situazione.
La mattina del 7 agosto, nella sezione locale del Resto del Carlino viene pubblicato un articolo dal titolo esplicito in cui il sindaco intimava “Bonificate l’ex area Ecowater”. Poche ore dopo veniva pubblicata l’ordinanza in questione: nessuna bonifica, solo la richiesta di sistemare le recinzioni.
Il Comune di Budrio ha quindi pubblicato un comunicato per “fare chiarezza” aggiustando il tiro sul termine bonificare. Qui infatti diventa “messa in sicurezza dell’area con il ripristino dell’integrità delle recinzioni della sede dell’azienda”.
 
L’unico atto che porta la firma di Mazzanti riguarda la richiesta di ripristinare la recinzione. Nell’ordinanza infatti non si fa nessun accenno alla messa in sicurezza, tantomeno alla richiesta di bonifica.